Nuove speranze per la terapia dei linfomi ad alto grado di malignità
Trattati in Italia i primi pazienti con un inibitore di ALK noto come crizotinib all’Ospedale San Gerardo di Monza.
Nel corso del meeting della Societá Americana di Ematologia (ASH), tenutosi a Orlando (USA) il giorno 5/12/10, sono stati presentati dal Prof. Carlo Gambacorti Passerini i risultati preliminari sul trattamento di pazienti affetti da linfomi ALK+ con un nuovo inbitore di ALK (crizotinib).
Il gene ALK produce una proteina responsabile della trasformazione neoplastica dei linfomi ALK+. Il meccanismo attraverso cui ALK viene deregolata in questa malattia é una traslocazione cromosomica, simile a quella che avviene nella leucemia mieloide cronica, che fonde parte del gene ALK con il gene NPM, producendo così un gene ibrido NPM-ALK.
I linfomi ALK+ rappresentano una malattia estremamente aggressiva, con rapida crescita, sintomi sistemici e mortalitá elevata.
Il gruppo di ricerca diretto dal Prof. Carlo Gambacorti Passerini ha prodotto nel passato importanti contributi nella ricerca preclinica su questo tipo di linfoma, ed ora presenta i risultati ottenuti sui primi tre pazienti al mondo con questa patologia in cui un inibitore specifico di ALK é stato utilizzato.
"Si tratta di tre casi estremamente avanzati, in cui vari livelli di chemioterapia, incluso il trapianto autologo di midollo osseo avevano fallito; questi tre pazienti, tutti giovani, tra i 20 e i 26 anni, non avevano più di 2-3 settimane di vita", commenta il Prof. Enrico Pogliani, direttore dell'Unitá di Ematologia dove i pazienti sono stati inizialmente ricoverati, date le loro gravi condizioni.
La terapia con crizotinib ha evidenziato una risposta soggettiva (scomparsa della febbre, diminuzione o scomparsa dei dolori) giá dopo 3-4 giorni di trattamento, con successiva regressione completa (2 casi) o parziale (1 caso) delle lesioni presenti dopo un mese di terapia.
Tutti e tre i pazienti sono stati dimessi dall'ospedale dopo 2-3 settimane ed ora continuano a casa la terapia. Crizotinib viene infatti assunto dal paziente per bocca due volte al giorno, ed e' ben tollerato (un episodio di diarrea lieve ed un altro di disturbi visivi, entrambi durati meno di 10 giorni). Un paziente ha gia' raggiunto i sei mesi di trattamento, un secondo cinque mesi, mentre la terza é in terapia da poco più di un mese.
"Si tratta peró di pazienti con malattia in fase estremamente avanzata e la durata della risposta nel lungo periodo rimane da verificare. Ció che invece é sicuro, data l'entitá della risposta ed i risultati molto simili nei tre pazienti trattati, è l’esistenza di un’attivitá terapeutica molto importante" conclude il Prof. Gambacorti Passerini.
"Le risposte sono state rapide, a tal punto che in un caso i radiologi che hanno effettuato le TAC e PET di controllo pensavano non fosse possibile ottenere un tale risultato giá dopo poche settimane", commenta il Prof. Pogliani.
La notizia è stata giudicata di grande interesse anche dal New England Journal of Medicine, la più prestigiosa rivista di medicina, che ha deciso di pubblicarla a breve.
Anche la ditta che produce crizotinib é rimasta impressionata favorevolmente da questi risultati, e ha deciso di intraprendere uno studio allargato ad altri 7 centri italiani e coordinato dal Prof. Gambacorti Passerini.
Questi risultati dimostrano come sia importante, possibile e doveroso coniugare ricerca di base e ricerca clinica al fine di ottenere importanti risultati terapeutici, come avvenne per imatinib e la leucemia mieloide cronica nel 1999.
Il Prof. Carlo Gambacorti Passerini è professore associato di Medicina Interna presso l’Università di Milano Bicocca, conduce attivitá clinica nell'Unitá di Ematologia diretta dal Prof. Enrico Pogliani, ed è responsabile dell' Unità di Ricerca Clinica dell’Ospedale San Gerardo (diretto dal dr. Giuseppe Spata) . Le sue ricerche sono finanziate in parte dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dalla Fondazione CARIPLO.
Fonte: Easycom e Unità di Ricerca Clinica