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Ortopedia (Articoli - 2003-09-10 21:04:29)

Articolazioni

La terapia ortopedica ha due campi di intervento: quello incruento (detto di ortesi) e quello cruento (cioè interventi chirurgici).

L'ortopedico
Puntiamo i riflettori su una figura importante per il benessere delle nostre ossa: l’ortopedico. Questo specialista è un medico chirurgo che, in presenza di artrosi, si dedica alla diagnosi e alla terapia dei danni anatomici muscolari e articolari.
La terapia ortopedica ha due campi di intervento: quello incruento (detto di ortesi) e quello cruento (cioè interventi chirurgici).

La terapia incruenta e cruenta, l'evoluzione della malattia e riabilitazione
Proteggere e correggere le articolazioni: è l’obiettivo di questo tipo di cura, che si basa sull’impiego di apparecchi per proteggere, correggere, far riposare le articolazioni affette da artrosi.
Ecco allora che possono essere utili tutori di vario materiale per le articolazioni periferiche, corsetti (o minerve) per la colonna vertebrale, apparecchi gessati quando occorre garantire l’assoluto riposo articolare, scarpe ortopediche per riequilibrare i pesi del corpo sui piedi eccetera.
Anche l’applicazione delle cosiddette "trazioni" è un’indicazione ortopedica: queste servono ad allontanare lentamente i capi articolari, rilasciando contemporaneamente i muscoli vicini.
Le trazioni vengono applicate con un sistema di pesi e carrucole; il trattamento viene effettuato in centri specializzati oppure, in alcuni casi, addirittura a domicilio.

La terapia cruenta


"affidatevi solo a uno specialista per correggere i difetti della colonna" La cosiddetta terapia cruenta può essere profilattica, cioè decisa per correggere quelle incongruenze tra i capi articolari che possono produrre nel tempo un’artrosi.
Di questa terapia fanno parte la chirurgia dell’alluce valgo, delle scoliosi gravi, delle deformità del ginocchio non piu correggibili in altro modo (ginocchia valghe oppure a X, ginocchia vare o a "cavallerizzo") eccetera.
La terapia cruenta ortopedica comprende anche gli interventi chirurgici detti curativi, cioè miranti a eliminare il dolore e, possibilmente, a recuperare totalmente la funzionalità articolare.
Attualmente la chirurgia ortopedica è orientata in prevalenza verso questi ultimi tipi di intervento, specializzandosi sempre più nella sostituzione di parti ossee e articolari con materiali compatibili con il corpo umano (protesi).

L'evoluzione
Con il progredire della malattia, i problemi diventano sempre più evidenti e difficili da affrontare. Il malato non è più in grado di vivere da solo e necessita di assistenza continua per mangiare, lavarsi, vestirsi; si smarrisce per strada e in casa; non riconosce niente e nessuno; diventa incontinente; mostra comportamenti inappropriati in pubblico; può essere costretto alla sedia a rotelle o a rimanere a letto.

Le nuove frontiere della riabilitazione

Il concetto di riabilitazione sta diventando sempre meno "idea astratta" e sempre più "cultura concreta" tanto che, sia nei nuovi ordinamenti sanitari sia fra i pazienti, viene considerato un necessario e irrinunciabile completamento della cura di molte malattie.
Per riabilitazione si intende in primo luogo la valutazione del danno dato dalla malattia sull’apparato colpito; delle condizioni preesistenti che possono averla causata; del danno che la malattia può causare anche in parti del corpo lontane dall’apparato colpito; di quali sono le situazioni che possono peggiorarla anche indirettamente.

Non va però dimenticato che la riabilitazione comporta un’analisi dei dati e, in funzione anche delle personalità e del "ruolo sociale" del paziente, l’impostazione di un programma riabilitativo mirato a impedire l’aggravamento oppure le recidive, a migliorare o a recuperare le funzioni dei distretti corporei ammalati (reintegrandole via via nelle attività quotidiane), a correggere il più possibile i fattori di rischio, a migliorare la qualità della vita del paziente anche quando permane (come nell’artrosi) il danno dato dalla malattia.

Il ruolo del fisiatra
Da più di vent'anni ormai esiste tra le specialità internistiche la figura del fisiatra, cioè di quel medico che si occupa di riabilitazione delle persone affette da malattie neurologiche (come le paralisi cerebrali infantili, le paresi eccetera), da malattie internistiche (è il caso dei cardiopatici), da malattie dell’apparato muscolo-scheletrico-articolare (come, appunto, l’artrosi ma anche l’artrite reumatoide, il mal di schiena eccetera). Nella cura rieducativa dell’artrosi lo specialista ha molte "frecce" nel suo "arco", ma su due soprattutto fermeremo la nostra attenzione: la terapia fisica e la fisioterapia.
La prima è propriamente una terapia con mezzi fisici ed è applicata, con particolari apparecchi, da operatori che seguono le indicazioni del fisiatra. La seconda è l’insieme di un vasto campo di tecniche corporee utilizzate dal terapista della riabilitazione, figura professionale che lavora in stretta collaborazione con il medico riabilitatore.
Nelle prossime pagine dunque conosceremo meglio quali sono le principali terapie fisiche e fisioterapiche. Cominciamo da quelle fisiche.

Acqua, luce calore, elettricità: passato e presente del tuo benessere

In generale i mezzi fisici impiegati nella pratica clinica sono piuttosto semplici: sono l’acqua, la luce, il calore e l’elettricità.
Applicati al corpo, tutti hanno effetti antidolorifici, di rilasciamento muscolare e, infine, antinfiammatori diretti sulle articolazioni dal momento che stimolano a un maggiore afflusso di sangue (con un conseguente maggior apporta di ossigeno).

È estremamente importante precisare che per ogni mezzo fisico devono essere valutati il momento, l’intensità e la durata di applicazione in funzione delle varie fasi della malattia artrosica e far comunque seguire al loro utilizzo tecniche di fisioterapia. Inoltre tutte le energie con mezzi fisici hanno delle controindicazioni (come per esempio il diabete, la gravidanza, l’osteoporosi avanzata, gli stati febbrili, gli stati infiammatori acuti, alcune cardiopatie, l’ipertiroidismo, malattie della pelle generalizzate eccetera) che devono essere attentamente considerate di volta in volta dal fisiatra; infine, che la somministrazione di una energia fisica provoca reazioni di difesa da parte dell’organismo e questo viene considerato un segnale di significato terapeutico.
In parole povere, il corpo attraverso una "crisi reattiva" viene stimolato ad agire terapeuticamente sulla malattia (la spiegazione biologica e fisica di questp effetto per la sua complessità meriterebbe una più articolata esposizione).
Vale la pena a questo punto passare in rassegna i principali mezzi fisici e i loro effetti terapeutici.




Ultrasuoni, Laser, Marconi, Radarterapia, Magnetoterapia, Onde Elettromagnetiche PST
Ultrasuoni
Sono vibrazioni sonore a frequenza così elevata da non risultare percepibili dall’orecchio umano. Hanno varie intensità di emissione regolabili a seconda della profondità delle articolazioni da raggiungere; sono applicabili attraverso testine da porre sulla cute e da muovere circolarmente senza soffermarsi su un punto preciso.
L'effetto principale terapeutico è produrre calore (non doloroso) in profondità, in modo che l’articolazione venga "nutrita" meglio dal sangue. Controindicazioni: l’osteoporosi, gli stati infiammatori acuti, la presenza di ematomi.

Laser

In questi ultimi anni si sta diffondendo moltissimo in medicina l’uso della "luce visibile" emessa da apparecchi chiamati laser. Nella cura dell’artrosi viene impiegato un laser non chirurgico. Il raggio viene concentrato in vari punti cutanei (dai due ai sei minuti per punto), variando l’intensità a seconda della profondità da raggiungere. L'effetto principale del laser è quello antidolore: in molti casi i punti sulla pelle corrispondono a quelli utilizzati in agopuntura.

"Marconi" e radarterapia

Sono apparecchiature che utilizzano correnti alternate a frequenze elevatissime con grande capacità di penetrazione nei tessuti del corpo, dove inducono un intenso effetto calorico (antinfiammatorio).
La Marconiterapia viene applicata per mezzo di spirali rivestite di gomma (solenoidi) e la seduta dura circa quindici minuti.
La radarterapia si awale di diffusori con diversa forma in rapporto con le parti da trattare.
Entrambe le terapie vengono utilizzate oltre che per l’artrosi anche per l’asma bronchiale, le sinusiti croniche, le paralisi facciali.

Magnetoterapia

Fin dall’antichità sono noti gli effetti dei magneti naturali e altrettanto antichi sono i tentativi di usarli in medicina. Ma è solo negli ultimi vent'anni che sono stati intrapresi studi sistematici dei fenomeni legati all’interazione tra i campi magnetici e il corpo umano.

La magnetoterapia per esempio utilizza apparecchiature (ne esistono numerosi tipi) che generano campi magnetici a bassa intensità.
I meccanismi reali dell’effetto terapeutico (anti dolore, antinfiammatorio, rilassanti i muscoli) non sono ancora del tutto chiari e attualmente in fisiatria sono impiegati in alcune forme artrosiche e nella cura dell’osteoporosi.

I vantaggi delle onde elettromagnetiche

Si chiama PST Terapia a Segnali Pulsanti, questa nuova curafisica indicata per artrosi, malattie reumatiche e lesioni traumatiche articolari.
Il metodo, indolore e non invasivo, si basa su onde elettromagnetiche che stimolano i processi di mantenimento, riparazione e crescita a livello di cartilagine, tendini e legamenti.
La terapia offre una nuova possibilità di cura per i dolori articolari. Si sta diffondendo anche in Italia, dopo essere stata impiegata con successo su oltre 10.000 pazienti negli Stati Uniti e oltre 60.000 in Germania.

Che cosa è e come funziona
La PST è una metodica innovativa sviluppata in un arco di vent'anni di studi dal medico e biofisico americano, di origine tedesca, Richard Markoll ed è stata brevettata negli Stati Uniti. Come funziona? Scopriamolo insieme.
All’interno di ogni articolazione è presente un campo elettrico che mantiene il benessere delle cellule di cartilagine, tendini e legamenti, regolandone il metabolismo. Ebbene, in caso di artrosi o di altre patologie articolari, questo campo elettrico viene alterato. La conseguenza è che il benessere cellulare va in crisi...
In queste condizioni la PSI ripristina il campo elettrico fisiologico, stimolando i processi di mantenimento, riparazione e crescita a livello di cartilagine, tendini e legamenti. In che modo? Attraverso l’emissione di onde elettromagnetiche che fungono da "segnali pulsanti" in grado di ricreare "l’ambiente elettrico fisiologico", con conseguente riduzione del dolore e miglioramento della mobilità dell’articolazione stessa.
La PSI è indicata nel trattamento di patologie di natura degenerativa, (come l’artrosi). acuta o traumatica. È prevista una seduta di un’ora al giorno per almeno nove giorni consecutivi.

I meccanismi d’azione

La PST è una terapia non invasiva diretta a riprodurre i meccanismi di autoriparazione del nostro organismo a favore di cartilagine, tendini e legamenti da cui dipende il buon funzionamento delle articolazioni.
Le apparecchiature PSI emettono infatti onde elettromagnetiche in grado di somministrare all’articolazione gli stessi impulsi che riceverebbe se fosse nel suo atteggiamento fisiologico di movimento, riattivando i processi autoriparativi dell’organismo.

Gli effetti sulla cartilagine

Presso l’istituto di Reumatologia dell’Università di Siena è stata condotta una ricerca per valutare gli effetti della PSI sul metabolismo e sulla struttura delle cellule della cartilagine (condrociti). In particolare, è stato dimostrato che la PSI:

stimola la produzione dei proteoglicani, che sono tra i componenti della cartilagine stessa;
ripristina la normale struttura fisiologica dei condrociti sofferenti.
La conseguenza dell’azione diretta sulla cartilagine è il cosiddetto "effetto coda": questo è tipico delle terapie di fondo, in cui i benefici continuano oltre la fine del trattamento, con una progressione nel tempo. infatti è stato dimostrato che l’effetto antalgico della PSI non solo si manifesta subito dopo l’inizio della terapia, ma grazie all’effetto coda migliora nel tempo.

I risultati clinici

La PST è presente da circa 4 anni in Germania, dove esistono al momento 220 Centri PSI che hanno trattato più di 60.000 pazienti. È stato recentemente presentato uno studio su 20.000 pazienti per verificare l’effetto della PSI sul dolore nell’artrosi all’anca, ginocchio, colonna cervicale e lombare. I risultati mettono in evidenza che già dopo le 9 ore previste dal trattamento il 70- 80% dei pazienti ha awertito una riduzione del dolore del 30%. Questo miglioramento è stato crescente nel tempo, tanto che a un anno dalla fine del ‘trattamento, senza che i pazienti avessero fatto altre terapie, il dolore si era ridotto progressivamente del 50-60%. La PST è stata introdotta in Italia nel 1997, quando è iniziata una verifica clinica, tuttora in atto, presso l’Ospedale Niguarda di Milano. Va però precisato che Niguarda non è un centro PSI aperto a tutti, ma un centro clinico che seleziona i pazienti per verifiche cliniche specifiche. A Niguarda in particolare sono state trattate patologie quali: artrosi dell’anca, ginocchio, mano, colpo di frusta, distorsione della caviglia, tendiniti, borsiti ed esiti di fratture ossee. In tutte queste patologie il 70-80% dei pazienti ha avuto benefici in termini di riduzione del dolore e miglioramento della mobilità articolare. Eccellenti risultati si sono ottenuti nell’artrosi del ginocchio e della mano, dove i miglioramenti sono stati progressivi e crescenti nel tempo. Nelle varie fasi di controllo, si sono infatti registrate riduzioni del dolore via via più significative dopo 9 ore, 6 settimane, 6 mesi e 12 mesi, senza altre terapie concomitanti.

Dove si cura

Per maggiori informazioni sui Centri che applicano la PST potete contattare:
PST Italiana - Numero Verde 800.165.305

Il trattamento

La PST prevede 1 seduta di 1 ora al giorno per 9 giorni consecutivi, con possibile esclusione del fine settimana.
- La terapia si effettua utilizzando speciali apparecchiature: il paziente si accomoda su poltrona o lettino appositamente preparato.
- L'articolazione da trattare viene posizionata in un manicotto a contenuto aereo;
- Il paziente può riamanere vestito normalmente.
- La PST viene prescritta dal medico dopo una attenta valutazione della patologia in atto.
- La PST è indicata in:
- artrosi - cervivalgie - dorsalgie - lombalgie - lombosciatalgie - tendinopatie - fratture ossee - alluce valgo - artrite reumatoide.

Mal di schiena addio con il ghiaccio elettrico

Per curare il dolore articolare nelle sue forme acute, in cui l’infiammazione è in atto, il freddo è indicato proprio per la sua capacità di migliorare la sofferenza del paziente.
Oggi però c’è un’arma in più. Che fa sparire in venti minuti anche il peggior dolore alla schiena, ai lombi, alla spalla: è la formidabile realizzazione di un gruppo di ricercatori universitari che senza punture, senza pastiglie, senza effetti collaterali, senza nulla di spiacevole dà sollievo con un efficacia senza pari. Protagonisti: un blocchetto di ghiaccio molto speciale. E un po’di corrente...

Per il mal di schiena e tutti quei dolori lancinanti che bloccano una spalla, un braccio o una gamba, i vari "colpi della strega" è la fine: è stata finalmente inventata una cura rapida, semplice e che non intossica. Niente più farmaci, con i loro effetti collaterali, ma una terapia locale che senza aghi, senza cose spiacevoli di nessun tipo, vi sblocca in venti minuti. Questo piccolo miracolo si chiama crioelettroforesi. Quanta gente possa interessare, si può capire ricordando un semplice dato: oggi i dolori osteo-articolari di questo tipo sono, nei paesi industrializzati, la più frequente causa di assenza dal lavoro. Le persone dalle giunture doloranti sono un esercito; pensate, se questa nuova terapia si generalizzasse e venisse "passata" dal Sistema Sanitario Nazionale, si potrebbero far risparmiare cifre considerevoli alla spesa sanitaria...
Ma a parte il beneficio per la collettività, guardiamo quello per i singoli. Questa cura infatti è "conveniente" per chi soffre di lombaggini e dolori simili (chi li ha avuti sa quanto siano ribelli e tenaci) perché funziona subito, senza traumi e senza effetti collaterali.
Quello che viene richiesto al paziente è semplicemente di sdraiarsi su un lettino e lasciarsi passare su e giù, sulla parte dolorante, uno strano blocchetto di ghiaccio collegato tramite un filo elettrico a un apparecchio. Il tutto per una ventina di minuti.
Ma i risultati si "sentono" subito.

Nessun effetto collaterale

I dolori raramente hanno una causa precisa e obiettiva come un’ernia del disco o un’artrite, che si possa affrontare alla radice, dice il dottor Andrea Mangano, dell’Istituto Medico Quadronno di Milano. Il più delle volte si tratta di stati infiammatori dovuti a cause non chiare oppure non eliminabili. Per cui la loro cura è per forza di cose sintomatica: l’obiettivo del medico è quello di togliere il dolore. Finora a questo scopo si usavano solamente i Fans, cioè i farmaci antinfiammatori non steroidei. Una categoria molto vasta che comprende formulazioni più o meno energiche. Tutte però con un grave difetto: quello di provocare disturbi gastrici. Dai semplici bruciori di stomaco a sindromi piuttosto pesanti da sopportare. La nuova terapia, la crioelettroforesi, agisce anch’essa togliendo il dolore, ma lo fa senza usare farmaci somministrati per via generale. La novità sta nel fatto che questa metodica permette di diffondere la sostanza farmacologica voluta soltanto in quella zona del corpo, in quei tessuti dove deve agire, e quindi in quantità minima. Sembra una piccola cosa eppure in tal modo si evitano tutti gli effetti collaterali più o meno sgradevoli dei farmaci e si ottiene un’azione - cioè una sparizione del dolore - rapidissima.
In altre parole, si recupera il benessere e quindi possibilità di muoversi anche dopo una sola seduta.

La forza della corrente fredda



Il segreto sta nel blocchetto di ghiaccio che viene passato sulla pelle del paziente. Abbiamo detto che la cura si chiama crioelettroforesi. Da tempo era conosciuta la ionoforesi, un fenomeno chimico-fisico grazie al quale le molecole di una sostanza possono essere trasportate, anche attraverso tessuti viventi, da una corrente elettrica che fluisce da un elettrodo negativo a uno positivo. Così era stato proposto di sfruttare questo fenomeno per portare sostanze farmacologiche all’interno dell’organismo in questo modo: si faceva tenere in mano a un paziente un elettrodo positivo; poi si applicava sulla sua pelle, nel punto dove si voleva far penetrare il farmaco, una spugnetta imbevuta del farmaco e sopra la stessa si sistemava un altro elettrodo, però negativo.

Si faceva passare corrente (molto leggera, a basso voltaggio e basso amperaggio): il flusso elettrico che si stabiliva tra i due elettrodi attraversava il corpo del paziente, e nel suo fluire trascinava con sé un po’ delle molecole del farmaco disciolto nella spugnetta che doveva pure oltrepassare. In teoria tutto bene; ma in pratica non funzionava molto bene, e di farmaco ne arrivava pochissimo perché aveva difficoltà a oltrepassare la pelle. Perché? Per fenomeni fisici alquanto complessi, ma evidentemente reali. Questo problema è stato superato con la crioelettroforesi, dove "crio" sta appunto per "freddo".
Invece di usare la spugnetta, il farmaco che si intende usare viene congelato in freezer in un apposito bicchierino collegabile poi all’apparecchio per fungere da elettrodo negativo. Quando questo farmaco congelato che funge anche da elettrodo viene applicato sulla pelle e si dà corrente, il flusso porta con sé le molecole di farmaco che costituiscono quel sottile film di sostanza curativa che si è disciolto a contatto con la pelle. E lo fa con straordinaria efficacia, portando il farmaco a penetrare fino a otto centimetri sotto la pelle.

Tutte le cifre del successo

Contro i dolori, la crioelettroforesi usa farmaci normalissimi (Fans, ibuprofene, cortisonici); ma li usa in quantità piccolissime e soltanto là dove servono davvero, senza distribuirli inutilmente in tutto l’organismo.
È come una iniezione, senza ago ma straordinariamente precisa. Oltretutto i farmaci somministrati per via generale secondo i metodi tradizionali sono trasportati dal sangue, perciò fanno fatica a raggiungere i tessuti poco irrorati come appunto quelli articolari. E quindi per farne arrivare delle quantità sufficienti bisogna assumerne delle grosse dosi. Con la crioelettroforesi non è così, perché il farmaco viene diffuso direttamente e uniformemente tramite la corrente elettrica direttamente dove serve, non deve passare nel sangue.

La sua efficacia contro i dolori di natura infiammatoria e reumatologica è ormai provata, sottolinea il professor Alessandro Aloisi dell' università di Catania, che ha ideato la crioelettroforesi mettendola a punto in ben nove anni di ricerche. Inquesti anni abbiamo sperimentato la crioelettroforesi su numerose patologie dolorose. Nella sindrome del tunnel carpale abbiamo ‘80% di successi, nella periartrite scapoloomerale il 100%, in tutte le varie situazioni infiammatorie il 98%.
Sono cifre sicuramente superiori a quelle delle metodiche terapeutiche tradizionali.
Il beneficio solitamente si awerte al termine del primo trattamento (che come si è detto dura venti minuti); poi, a seconda dei casi, si possono fare altre sedute a distanza di due o tre giorni per completare o stabilizzare i risultati, ma non ne servono molte...


Per lo sport e la bellezza

E' un metodo e non un farmaco: la crioelettroforesi ha risultati di straordinaria efficacia non solo contro i problemi reumatici ma anche di altre nature patologiche. E' di grande utilità in tutte le situazioni in cui occorra far penetrare un farmaco in una zona mirata dell'organismo, nella quale sarebbe difficile diffonderlo con altri mezzi. Tra le molte applicazioni possibili alcune sono già state studiate, altre sono oggetto di indagini.

Medicina dello sport Contro contusini, ematomi, dolori da trauma e altri problemi è stata accertata l'efficacia nel 98% dei casi. Il metodo, che non comporta traumi nè effetti collaterali dei farmaci usati è indicatissimo perchè non ha conseguenze negative su altri distretti del corpo e quindi sulle prestazioni atletiche.

Medicina estetica Bastano poche sedute per ottenere ottimi risultati contro la cellulite. Interessanti sono quelli contro i rilasciamenti cutanei e i capillari dilatati.

Terapie delle infezioni Si è constatato che l'uso di questa metodica è efficace per diffondere antibiotici nei punti infetti, quando sono poco irrorati dal sangue.

Urologia E' stata sperimentata con successo contro la malattia di Peyronie, una fibrosa dei corpi cavernosi del pene che rendono lo stesso ricurvo e provocando un'erezione dolorosa.

Un'invenzione tutta italiana

La crioelettroforesi è stata presentata per la prima volta ufficialmente al mondo scentifico nel 1995, al XII Congresso Internazionale di Terapia fisica di Washington. E' stata inventata in Italia dal professor Alessandro Aloisi, docente di Terapia fisica di Catania; e successivamente due èquipe di ricercatori dello stesso ataneo l'hanno sperimentata in diverse applicazioni mediche. Si tratta del team di ricercatori dell'Istituto di Farmacologia guidato dal professor Mario Matera, direttore delle stessa Cattedra, e da quelli dell'Istituto di Fisica condotti dal professor Renato Potenza.


Dove curarsi

La crioelettroforesi viene oggi applicata da diversi medici in numerose città italiane. Per informazioni si può telefonare al Numero Verde: 848860206.

Le tecniche per imparare a muoversi


La fisioterapia è l’insieme delle forme di attivazione muscolare e degli esercizi articolari, semplici e complessi, diretti a migliorare l’aspetto posturale (cioè le posizioni del corp o soprattutto da seduti e in piedi) e quello dinamico (cioè il corpo in movimento). I vari sinonimi ancora oggi purtropp o in uso, come "ginnastica correttiva" eccetera, sono imprecisi e limitativi perché lafisioterapia è una vera e propria terapia indispensabile alla cura riabilitativa.

Tuttavia se da un lato esistono tecniche rieducative, dall’altro il terapista della riabilitazione, unica figura professionale esperta nell’applicazione fisioterapica, è sempre più teso ad uscire dagli schematismi (a volte fanatismi) di una tecnica piuttosto che di un’altra e a considerare l’individuo più che un ammalato una "persona" con le sue emozioni, il suo lavoro, il suo ambiente sociale, le sue aspirazioni e così via. Proprio per soddisfare le esigenze di ogni paziente, oggi lo specialista può contare su più metodiche. In queste pagine impariamo a conoscerne alcune particolarmente efficaci.

Nella fisioterapia anti artrosi (ma la considerazione è valida in qualunque malattia che necessita di rieducazione) l’effetto fisioterapico non è solo nello specifico anti dolore e correttivo di "anomale posizioni", ma anche conoscenza del proprio corpo e di come attraverso i movimenti di questo molte volte si esprimono i vari aspetti della propria personalità. Ecco come alcuni dei "metodi" più afficaci affrontano il nostro corpo.

Fisiochinesiterapia

Le terapie riabilitative (terapie fisiche, ortesi e chinesiterapia) hanno oggi un ruolo importante nel controllo della sintomatologia dolorosa e nel mantenimento di un’adeguata funzionalità nelle attività della vita quotidiana.
La chinesiterapia in particolare ha l’obiettivo di preservare un’adeguata mobilità articolare, di correggere posture e atteggiamenti scorretti, di mantenere una buona coordinazione neuromuscolare e di limitare l’ipotrofia muscolare da disuso. Recenti studi infatti mettono in evidenza che la disfunzione neuromotoria muscolare sia un fattore importante nella patogenesi del danno articolare e non solo una conseguenza del danno articolare.
È chiaro perciò quanto sia importante instaurare precocemente un trattamento riabilitativo chinesiterapico, la cui intensità e durata dovrà essere personalizzata a seconda della gravità e della sintomatologia clinica della sofferenza lamentata dal paziente.

Da soli o in gruppo?

In alcuni casi particolari si può ricorrere alla chinesiterapia di gruppo: è il caso per esempio della patologia degenerativa dell’anca e del ginocchio. Il lavoro in gruppo consente di ottimizzare le risorse del personale, raggruppare pazienti con la stessa esperienza morbosa consentendo il confronto e favorendo lo spirito di emulazione tra gli elementi del gruppo. Così il paziente appare piu’ motivato al raggiungimento degli obiettivi riabilitativi. Il programma del trattamento in gruppo prevede sostanzialmente l’applicazione dello stesso protocollo che viene riservato al trattamento singolo.

La seduta chinesiterapica individuale viene preceduta da un adeguato training di riscaldamento muscolare (cicloergometro) e da termoterapie in grado di limitare le contratture muscolari.
Si eseguono quindi alcuni esercizi di mobilizzazione passiva con l’aiuto del terapista della riabilitazione. Questi esercizi sono importanti nel trattamento di rigidità articolari e fibrosi dei tessuti molli.


Nella fase successiva vengono fatti svolgere esercizi di mobilizzazione attiva assistita, per il recupero il più completo possibile dell’articolarità, ed esercizi di potenziamento muscolare (con carichi progressivi), fondamentali per il recupero di un adeguato trofismo muscolare.
Recentemente hanno assunto una grande importanza gli esercizi propiocettivi: infatti, da diversi studi e’ emersa la correlazione diretta tra propiocettivita e buona funzionalita dell’articolazione trattata.
Qualora sia possibile, e’ consigliabile svolgere un ciclo di idrochinesiterapia. In questo caso vengono sfruttate le caratteristiche peculiari dell’acqua: innanzitutto il galleggiamento, poi la viscosita (è il lavoro contro resistenza definita) e il cosiddetto "glove effect" (cioè la stimolazione propriocettiva costante lungo tutto l'arco della seduta riabilitativa).

Quanto dura

Il trattamento riabilitativo prevede circa dieci sedute di chinesiterapia. Durante tutta la durata del trattamento il paziente deve sperimentare e fare propri gli esercizi che di volta in volta vengono illustrati dal terapista.
Al termine del trattamento il paziente dovrà effettuare giornalmente una chinesiterapia di mantenimento che risulta efficace nel prevenire limitazioni articolari, nel controllo del dolore e soprattutto nel mantenimento di una buona autosufficienza nelle attività della vita quotidiana. Che poi è l’obiettivo principale.

La kinesiologia

L'approccio al dolore vertebrale cronico tramite i trattamenti di kinesiologia applicata ha l'obbiettivo di alleviare lo "stress" derivante dalla patologia artrosi attraverso semplici tecniche manuali di digitopressioni o dolce mobilitazione articolare. Si impartiscono suggerimenti sui livelli della postura in casa, nella vita di tutti i giorni e sul lavoro che correggono i vizi legati a malposizioni. In kinesiologia applicata esistono chiare evidenze clinico sperimentali che associano precisi gruppi muscolari o singoli muscoli ad altrettante funzioni biochimiche ad un organo o ad un meridiano, come vuole il pensiero agopunturistico? Che cosa significa?
Che ogni muscolo è in correlazione più o meno stretta con un particolare stato mentale, espresso da un'emozione che può, come si usa dire in termine tecnico, "congelarsi" nella memoria muscolare e causare eventi traumatici. Quindi dolore.
Pensiamo, per esempio, a quella che è la memoria della pelle: quando ci scottiamo per un'eccessiva esposizione al sole, è più facile che a successive esposizioni quel tratto di pelle sia più sensibile e quindi sia necessario proteggerlo maggiormente. Lo stesso meccanismo si mette in moto per le catene muscolari : se in un'occasione di un trauma di una certa entità il corpo si trova in una certa posizione, intesa come rapporto articolare ma anche come posizione dello sguardo o come rotazione degli occhi, il corpo tende ad "ancorare" questa esperienza negativa al fatto traumatico, il quale va ad aggiungersi anche una componente emotiva. Le acquisizioni del dottor Goodheart hanno messo in evidenza quanto sia importante dissipare il contenuto emotivo del trauma per proseguire con successo un programma di trattamento che potrebbe correre il richio di essere inefficace nel breve e medio termine se non sorretto da tale procedure. Riteniamo che la grande quantità di recidive cui assistiamo e la lunghezza di trattamenti in patologie cronicizzati possono essere legati con riassestamenti neurali che preferiscono certe vie di trasmissione sostituendo quelle precedenti il trauma.



Le mosse giuste che "liberano" il corpo

Nelle pagine precedenti abbiamo spiegato che l’artrosi è un processo degenerativo che interessa le componenti cartilaginee e ossee delle nostre articolazioni e che provoca purtroppo dolore e difficoltà nei movimenti.

A questo punto però gli esperti chiariscono una cosa importante: non tutti i processi artrosici provocano dolore.
A sua volta, quest’ultimo può invece essere generato non tanto da un'alterazione osteo-cartilaginea ma da qualche altro fattore che gli osteopati chiamano "disfunzione osteopatica". E' che rende necessario l’intervento dello specialista.

«La disfunzione osteopatica consiste in un alterato equilibrio delle tenioni delle strutture di cui l’articolazione è costituita», spiega il dottor Riccardo Lunardi, osteopata a Milano. «A causa di questa disfunzione legamenti, tendini, muscoli e fasce con il passare del tempo si irritano in modo cronico, con conseguente riduzione della mobilità che si manifesta con un dolore sordo e persistente, dello stesso tipo di quello che comunemente viene attribuito all’artrosi».
All’origine di tale squilibrio può esserci addirittura un vecchio, banale e spesso dimenticato trauma. Un classico esempio?
«Una distorsione alla caviglia non adeguatamente curata», spiega il dottor Lunardi, «una caduta sulle piste di sci eccetera, oppure una serie di squilibri provenienti da altre parti del corpo come conseguenza di traumi, interventi chirurgici, cicatrici, patologie viscerali o, in alcuni casi, disfunzioni come una stipsi di vecchia data».
Attenzione però: se la "disfunzione osteopatica" da una parte può essere la causa di un dolore attribuito esclusivamente a un processo degenerativo artrosico, dall’altra può essere la causa di tale fenomeno. «Le alterazioni che si incontrano nell’artrosi possono essere interpretate come il tentativo del corpo di far fronte a una situazione di aumentata pressione in seguito a uno squilibrio generato da una disfunzione osteopatica localizzata in un’altra parte del corpo»; chiarisce il dottor Lunardi.
«In tal modo, la frattura di una clavicola non trattata osteopaticamente può creare i presupposti per uno squilibrio posturale all’origine, per esempio, di una coxartrosi».

Quattro assi nella manica dell’osteopata

Il compito dell’osteopata è quello di riconoscere e trattare una disfunzione osteopatica: a tal fine il medico ha a disposizione un arsenale di tecniche molto differenti tra loro per far fronte alla diversa natura e alla diversa localizzazione del problema (arto inferiore, superiore, viscerale, occlusale, vertebrale, cranico ecc.). A grandi linee, si possono distinguere quattro grandi categorie di tecniche: strutturali, viscerali, fasciati e cranio-sacrali.

a destra il volume di Marcel Bienfait "Normalizzazione del movimento del cranio" edizione Marrapese - ROMA


Le tecniche strutturali

La principale è la cosiddetta TRUST: è una manipolazione diretta a dare un segnale correttivo che ristabilisce mobilità a un’articolazione muscolo scheletrica. Durante l’esecuzione di questa metodica è possibile avvertire un "crack".

Le tecniche viscerali

Agiscono in modo diretto stirando i tessuti di sostegno dei visceri, e in modo indiretto accorciando tali tessuti. Si è infatti osservato che accorciando ancor più un tessuto che già in precedenza aveva perso la sua elasticità, questo in seguito riacquista la sua normale struttura e distensibilità.

Le tecniche fasciali

Sono sempre dirette e indirette e agiscono a livello di quelle strutture (chiamate fasce e aponeurosi) che funzionano da supporto di unione tra le varie parti del corpo, per esempio un muscolo e un osso, un viscere e un muscolo scheletrico ecc.

Le tecniche cranio-sacrali

Sono tecniche indirizzate a liberare la mobilità intrinseca, spontanea e involontaria delle ossa del cranio e di tutte quelle strutture che con esse entrano in contatto. È probabile che tale mobilità prenda origine dalla sfera cranica e si diffonda in seguito a tutto il corpo.

Dottor Riccardo Lunardi
Osteopata - tel. 02/58300910


Una disciplina nata negli Usa

L'osteopatia è un metodo di cura realizzato negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo dal dottor Andrew Taylor Still. Ha lo scopo di riequilibrare le turbe del movimento a ogni piano funzionale del corpo umano e la sua funzione sono un tutt'uno indissociabile. La conseguenza è che le malattie hanno origine da un'incapacità del corpo a reagire agli stress endogeni e psicometabolici. L'osteopata quindi attraverso manipolazioni mirate agisce a livello della struttura mio-fasciale per ripristinare la funzione e, in particolare, la capacità di reagire agli stress di varia natura.









Fonte: La redazione