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Cardiologia (Articoli - 2003-07-23 10:01:59)

Cuore di donna

Piu' piccolo, ma piu' forte di quello degli uomini. Almeno fino alla menopausa. Quando vengono meno gli estrogeni. E aumenta il rischio di infarto.

Piú piccolo, veloce. E molto piú robusto.
Il cuore delle donne sembra resistere meglio di quello degli uomini agli attacchi di colesterolo, pressione alta, stress, fumo. Per lo meno fino alla menopausa. Al di sotto dei 55 anni, infatti, il rischio di infarto femminile é di uno a dodici rispetto a quello maschile. Ma la situazione peggiora con il passare del tempo. Fino a pareggiare i conti dopo i 75 anni.
Con una prognosi spesso pessima. Lo conferma lo studio Monica (Monitoring trends of cardiovascular disease) promosso dall’Oms su 15 milioni di persone in 26 nazioni.
Dei suoi risultati discuteranno gli esperti riuniti oggi a Orlando durante l’American College of Cardiology.
«Un dato, giá sottolineato dagli studi italiani, appare particolarmente significativo».
«Le donne, pur essendo soggette a un minor numero di infarti rispetto agli uomini, denunciano un livello di mortalitá piú elevato durante il ricovero ospedaliero: fino a 15 per cento contro il 5-7 per cento». Quale la possibile spiegazione? «Conta l’etá piú avanzata delle pazienti. Unita al fatto che la mortalitá maschile é alta nella fase preospedaliera: secondo lo studio Monica, i due terzi degli infartuati non arrivano al pronto soccorso

Se i sintomi sono poco chiari
In piú, non sempre l’infarto ha sintomi identificabili non solo per il paziente, ma anche per i medici. «Spesso la donna avverte un dolore diffuso che, a volte, si estende alla schiena e meno di frequente alle braccia». «E non mancano gli infarti asintomatici, in parte giustificati dalla maggiore capacitá femminile di sopportare il dolore. Infine, la comparsa della malattia in tarda etá e la presenza di altre patologie, come il diabete, rischia di comprometterne ulteriormente la percezione».
«Da qui la necessitá di ricorrere, oltre che all’elettrocardiogramma, a indagini piú approfondite come la scintigrafia sotto sforzo. La conformazione delle coronarie femminili, piú sottili e meno inclini a formare circoli collaterali per compensare eventuali occlusioni, potrebbe infatti nascondere una sofferenza cardiaca "silenziosa", ma destinata a progredire» continua Gronda. «Se la si individua per tempo, la cura otterrá di sicuro risultati migliori, sia ricorrendo alla terapia farmacologica sia, se necessario, a interventi di rivascolarizzazione». Non mancano peró casi, tipicamente femminili, di falsi positivi. La paziente accusa dolore toracico importante, l’elettrocardiogramma rileva un infarto miocardico. Eppure non si evidenzia alcuna sofferenza cardiaca né coronatica. Che cosa é successo? Si tratta della cosiddetta sindrome X: colpisce una donna su mille e uno studio condotto da Paolo Camici dell’Hammersmith hospital di Londra ne ha evidenziato l’origine nervosa. «Ci troviamo di fronte all’attivazione di alcuni nuclei cerebrali che proiettano lo stimolo doloroso a livello toracico». «Contemporaneamente alcuni centri di un’altra area del cervello interferiscono con l’attivitá elettrica del cuore, provocando la variazione del tracciato elettrocardiografico. Spesso legata ad attacchi di ansia e panico, questa sindrome viene curata con farmaci antidepressivi».

L'importanza degli ormoni
Per l'approccio farmacologico della patologia coronarica vera e propria, invece, i protocolli di trattamento sono pari a quelli usati per l'uomo. Si somministrano le statine per ridurre il colesterolo e stabilizzare la pressione. A poco servono, comunque, i farmaci se non si eliminano i fattori di rischio come: sovrappeso, fumo, stress, sedentarietá. Se poi si aggiungono il fisiologico rialzo della pressione e la brusca scomparsa degli estrogeni, dopo la menopausa, si capisce perché il rischio cardiovascolare tende a diventare sempre piú critico con gli anni.
«Gli estrogeni sono fondamentali per la protezione dell’attivitá cardiaca», «Agiscono infatti sull’endotelio, le pareti interne dei vasi, provocando la liberazione di sostanze come il nitrossido che ne facilita la dilatazione mentre inibisce l’aggregazione delle piastrine». Ma non solo. «Questi ormoni intervengono anche a livello epatico, aumentando la produzione di colesterolo buono Hdl e riducendo quello cattivo Ldl. Ecco perché, finita l’etá fertile, il calo ormonale provoca spesso un aumento della pressione».
Non a caso l’ipertensione, il piú frequente fattore di rischio cardiovascolare, colpisce oggi il 35 per cento delle donne in climaterio. Al secondo posto si colloca, invece, l’obesitá che puó degenerare fino a portare al diabete, la patologia piú pericolosa dal punto di vista cardiaco. I risultati preliminari di un monitoraggio condotto su malate di diabete confermano che il rischio cardiovascolare aumenta di 5-7 volte nelle donne rispetto alle 3-4 nell’uomo. «Altro, importante, elemento di pericolo é il binomio fumo-pillola contraccettiva». «Se il fumo accentua la vasocostrizione, il carico ormonale della pillola, in particolare l’estrogeno di sintesi, sembra interagire a livello epatico, favorendo la produzione di sostanze procoagulanti che predispongono alla trombosi». E gli ormoni usati in menopausa? «Si tratta di estrogeni naturali come l’estradiolo, per lo piú somministrati per via trasdermica, con un dosaggio dieci volte inferiore alla pillola» precisa Modena. Da anni numerosi studi internazionali ne confermano i benefici nella prevenzione cardiovascolare. «A condizione, peró, che vengano assunti subito e non a menopausa giá avanzata. Si é, infatti, dimostrato che i recettori degli estrogeni nell’endotelio dei vasi vengono progressivamente distrutti dall’aterosclerosi. Somministrare ormoni in donne in menopausa da anni, con un pregresso episodio infartuale, non produce nessun beneficio. Anzi determina un temporaneo aggravamento». Via libera, quindi, agli estrogeni come prevenzione, non come terapia nella malattia cardiovascolare. Intanto si stanno sperimentando nuove molecole sostitutive, come il raloxifene che agisce in maniera analoga all’estrogeno su endotelio, fegato, osso (mentre ottiene l’effetto opposto su seno e utero). Per essere certi dei suoi benefici sul cuore bisognerá aspettare la conclusione, prevista tra quattro anni, dello studio Ruth (Raloxifene use in the heart) che coinvolge piú di 100 mila donne nel mondo.
Scritto nei GENI
Si legge nei geni la predisposizione alla malattia cardiovascolare? Lo conferma lo Swedish twins registry, il registro svedese dei gemelli. Se un gemello muore sotto i 55 anni per infarto, l’altro ha un rischio di 3-4 volte superiore se dizigote e di 8-9 volte se monozigote. Per le gemelle sotto i 65 anni il rischio é di 2-3 volte nel primo caso, di 15 volte nel secondo. Ma quali sono i geni colpevoli? E come individuarli? Tenterá di rispondere lo studio Procardis, nato dalla collaborazione delle Universitá di Oxford e di Munster, del Karolinska hospital di Stoccolma e del Gruppo italiano per la sopravvivenza nell’infarto, che coinvolgerá piú di 2.000 coppie di fratelli sotto i 65 anni affetti da cardiopatia ischemica. Lo scopo? Individuare i meccanismi di insorgenza della malattia per prevenirla in modo piú personalizzato e, in futuro, curarla con nuove cure come la terapia genica.
Stress da marito
Il cuore delle donne é piú vulnerabile allo stress "da marito" che a quello da lavoro. Lo sostiene uno studio del dipartimento di Medicina preventiva del Karolinska hospital di Stoccolma condotto su piú di 300 donne, tra 130 e 65 anni, ricoverate per infarto acuto o angina Instabile. Usando una particolare scala di valutazione, si é visto che le donne sposate o conviventi, in prevalenza casalinghe, avevano registrato un aggravarsi della malattia cardiovascolare rispetto alle donne single e impegnate in un’attivitá professionale che denunciavano la stessa patologia. Lo stress familiare, forse associato a uno stile di vita piú sedentario, viene cosí considerato una delle principali cause di peggioramento.






Fonte: La Redazione