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Ginecologia (Comunicati stampa - 2013-04-04 16:46:32)

Aborto: l'obiezione di coscienza non può mettere in discussione la salute delle donne negando le cure necessarie dopo un’interruzione di gravidanza

La sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, che ha stabilito l’impossibilità per un medico obiettore di negare le cure ad una paziente dopo un’interruzione volontaria di gravidanza, costituisce un importante passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle donne. L’episodio gravissimo verificatosi a Pordenone – dove una ragazza che aveva subito un aborto si è vista negare le cure, nonostante fosse a rischio di emorragia – dimostra che nel nostro Paese c’è ancora molto da fare per garantire alle donne l’effettiva libertà di decidere del proprio corpo e della propria vita nonché la piena fruizione della legge 194. L’articolo 9 della norma prevede l’obiezione di coscienza, cosa che non intendiamo assolutamente mettere in discussione, tuttavia è anche vero che la possibilità di obiettare riguarda solo l’interruzione volontaria di gravidanza e non le fasi precedenti o successive all’intervento. Considerando che in Italia moltissimi ginecologi si avvalgono di questa facoltà (circa il 70% al Nord Italia, l’80% nel Meridione) è necessario garantire alle pazienti l’assistenza e le cure a cui hanno diritto, a prescindere da ciò che il medico pensa riguardo all’aborto.
Ricordiamo ai medici obiettori e al personale sanitario che episodi come quello di Pordenone costituiscono fattispecie criminose che vanno dall’omissione di soccorso al tentativo di omicidio colposo.
Federconsumatori ritiene quindi che sia urgente intervenire con provvedimenti efficaci ed immediati: il diritto alla salute viene prima di qualsiasi obiezione.

Fonte: Ufficio Stampa Federconsumatori Nazionale