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Oncologia (Articoli - 2013-01-29 16:41:10)

Tumore al seno, migliorano la qualità di vita e le aspettative per le pazienti con tumore alla mammella HER2 positivo

Due buone notizie per le donne con tumore alla mammella: grazie alle nuove terapie, sempre più potenti e mirate per ciascun tipo di tumore, aumentano di anno in anno aspettativa e qualità di vita per le pazienti con tumore alla mammella HER2 positivo, la forma più aggressiva, che colpisce soprattutto le giovani donne.
E a Napoli le pazienti possono beneficiare da subito dei farmaci più innovativi ed efficaci grazie alle sperimentazioni condotte da tre centri clinici d’eccellenza.
La qualità di vita, al centro del progetto All around Patients, è oggi parte integrante della terapia contro il tumore al seno ed è perseguita anche attraverso la sperimentazione clinica di formulazioni terapeutiche innovative, meno invasive e in grado di diminuire l’impatto delle cure, come gli anticorpi monoclonali a somministrazione sottocutanea.

Napoli, 29 gennaio 2013 – Guarigione per il maggior numero di donne; aspettativa di vita sempre più lunga; qualità di vita come parte integrante della terapia. Sono queste le frontiere della lotta contro il tumore alla mammella che vede in prima linea tre centri clinici napoletani di eccellenza: l’Ospedale Cardarelli, l’Istituto Nazionale Tumori Pascale e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II.
L’impegno a 360° dei centri partenopei è stato illustrato oggi in un incontro pubblico, nel corso del quale è stato fatto il punto sui più recenti traguardi raggiunti dalla ricerca scientifica nazionale e internazionale contro il tumore alla mammella. L’evento s’inserisce nel progetto itinerante All around Patients e volto a far conoscere le iniziative delle strutture ospedaliere italiane per mettere le pazienti con tumore alla mammella al centro di tutti i percorsi diagnostici e terapeutici.
In Campania sono circa 50.000 le donne affette da tumore alla mammella e ogni anno nella regione si registrano circa 4.000 nuovi casi: grazie alla diagnosi precoce e a terapie sempre più mirate e potenti, un numero crescente di pazienti arriva alla guarigione, mentre l’aspettativa di vita è in costante aumento.
«Se nel periodo tra il ‘90 e il ‘94 la sopravvivenza a 5 anni riguardava l’81 per cento delle pazienti, oggi possiamo stimarla poco sotto al 90 per cento – afferma Giacomo Cartenì, Dirigente Medico Responsabile U.O.C. di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “Antonio Cardarelli” – I risultati più rilevanti sono stati ottenuti nei confronti del carcinoma alla mammella HER2 positivo, una forma particolarmente aggressiva che interessa circa il 25 per cento delle pazienti e colpisce soprattutto le giovani donne: la svolta contro questo tumore si è avuta con l’avvento di trastuzumab, un anticorpo monoclonale che si è dimostrato in grado di ridurre del 40-50 per cento la mortalità».
Negli ultimi anni l’attenzione dei clinici si è concentrata sulla qualità di vita delle donne con tumore alla mammella, anche in considerazione dell’impatto che questo aspetto può avere sull’adesione delle pazienti alle terapie e quindi sulla loro stessa efficacia.
L’Istituto Nazionale Tumori di Napoli è il Centro coordinatore di uno studio clinico internazionale volto a sperimentare una nuova modalità di somministrazione sottocutanea della terapia biologica per il trattamento del tumore HER2 positivo, che ha dimostrato un’efficacia sovrapponibile alla somministrazione per endovena, con il grande vantaggio però di migliorare la qualità di vita delle pazienti grazie a tempi di infusione più brevi e ad una minore invasività. «Sono numerosi i vantaggi offerti dalla somministrazione sottocutanea di trastuzumab, a cominciare dalla minore invasività – afferma Michele De Laurentiis, Direttore U.O.C. Oncologia Medica Senologica, Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” – altri vantaggi derivano dalla maggiore rapidità e praticità con cui viene somministrato l’anticorpo monoclonale: la durata del trattamento sottocutaneo è di circa 5 minuti contro i 30-90 minuti della somministrazione endovenosa; non c’è attesa per la poltrona infusionale quindi nel complesso la permanenza in ospedale è ridotta al minimo; infine con un apposito dispositivo medico la somministrazione sottocutanea di trastuzumab potrebbe in un prossimo futuro essere eseguita a casa direttamente dalla paziente».
Ma la ricerca sul tumore HER2 positivo non si ferma e i centri partenopei sono al centro di un ampio programma di studi clinici che coinvolgono nuovi farmaci.

«Le opzioni terapeutiche in sperimentazione potranno aumentare le opportunità di cura delle pazienti con tumore al seno HER2 positivo, migliorando l’attività terapeutica già ottimale del trastuzumab – afferma Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II – con il nuovo anticorpo monoclonale pertuzumab, utilizzato sia in fase precoce che metastatica, riusciamo a ottenere una completa distruzione delle cellule tumorali; l’altra molecola, 
T-DM1 è un anticorpo coniugato con una potente tossina che ha la capacità di distruggere la cellula tumorale una volta incamerata nella cellula. Entrambe le molecole hanno dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale delle pazienti in trattamento, uno degli obiettivi più difficili e più importanti da ottenere nelle pazienti con malattia mammaria metastatica».

Da Napoli, in definitiva, arrivano due buone notizie per le pazienti con tumore alla mammella HER2 positivo: i nuovi farmaci a bersaglio molecolare e le nuove forme di somministrazione sottocutanea stanno cambiando la storia naturale della malattia e la qualità di vita delle pazienti colpite da questa forma di tumore, che in passato era sinonimo di malattia molto aggressiva e spesso letale, rendendo le possibilità di cura una realtà di fatto e non più una mera speranza. E le sperimentazioni presso i centri di eccellenza permettono alle pazienti di accedere a trattamenti altamente innovativi che altrimenti ancora non sarebbero disponibili nel nostro Paese.

Interviste...
TUMORE AL SENO: DALLA SOPRAVVIVENZA ALLE NUOVE FORMULAZIONI, MOLTO STA CAMBIANDO
Intervista a Giacomo Cartenì -Dirigente Medico Responsabile U.O.C. di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “Antonio Cardarelli”, Napoli

PER LE DONNE COLPITE DA NEOPLASIA, IL CARCINOMA ALLA MAMMELLA È LA PRIMA CAUSA DI DECESSO: QUALI SONO I SUOI NUMERI, IN TERMINI D’INCIDENZA, PREVALENZA E TASSI DI SOPRAVVIVENZA A LIVELLO NAZIONALE E NELLA REGIONE CAMPANIA?
In Italia ogni anno si registrano circa 45.000 nuovi casi di tumore al seno, mentre in Campania, dove l’incidenza è leggermente più bassa della media nazionale, vengono diagnosticate circa 4.000 nuove pazienti ogni anno. Complessivamente, nella nostra regione sono circa 50.000 le donne che convivono con questa malattia. Il dato più importante, però, è quello relativo alla sopravvivenza a 5 anni, che è in aumento a livello globale: se nel periodo tra il ‘90 e il ‘94 la sopravvivenza a 5 anni riguardava l’81% delle pazienti, tra il 2004 e il 2006 siamo arrivati all’87% e ora, anche se non abbiamo i dati, possiamo stimarla poco sotto al 90%. Sopravvivenza a 5 anni non sempre significa guarigione però è evidente che stiamo riuscendo ad aumentare di molto l’aspettativa di vita delle donne.

QUESTA TENDENZA POSITIVA È OMOGENEA DAL PUNTO DI VISTA TERRITORIALE?
La mortalità per tumore al seno è in diminuzione ovunque, ma al Sud e in Campania diminuisce meno rispetto al Nord. Questo dato è legato a una minore diffusione dello screening nell’Italia meridionale. E un altro dato che deve preoccuparci è la sopravvivenza a 1 anno e a 5 anni, inferiore al Sud rispetto al Nord: questo significa, in pratica, che nelle nostre regioni non è tardiva solo la diagnosi, ma lo è anche l’accesso alle cure. E questo purtroppo è un problema perché i 4.000 casi anno in Campania e 50.000 casi prevalenti evidentemente non riescono a trovare la strada per essere curati. È un problema organizzativo, un problema di flussi dei pazienti, di percorsi diagnostico-terapeutici sui quali noi medici cerchiamo di impegnarci, ma servirebbe un maggior coordinamento.

COSA SUCCEDE QUANDO SI SVILUPPA UN CARCINOMA ALLA MAMMELLA E QUALI SONO I SINTOMI DA VALUTARE CON ATTENZIONE?
Conoscere i sintomi da valutare è importante, ma è ancora più importante arrivare alla diagnosi prima che i sintomi si manifestino, perché questo significa, per la paziente, avere maggiori probabilità di rientrare nei due terzi di donne che guariscono. Il tumore alla mammella è molto lento nella sua evoluzione: ci mette 10 anni per raggiungere la dimensione di 1 cm. Se lo intercettiamo prima, quando è ancora di 5 mm o dà solo segni indiretti, come le microcalcificazioni, abbiamo maggiori speranze di ottenere la guarigione. Se invece il tumore viene scoperto attraverso la presenza di un nodulo significa che ha già raggiunto la dimensione di 1 cm e che ha avuto dai 7 ai 10 anni per svilupparsi. Da quel momento in poi il nodulo inizierà ad essere duro, cominciando a infiltrare la cute, a ritrarla verso l’interno, facendole assumere un aspetto più lucido, “a buccia d’arancia”. Questo significa che siamo già in una fase avanzata. Ma se le donne si sottopongono periodicamente allo screening mammografico possiamo evitare di arrivare a questa fase e ottenere una diagnosi “senza sintomi”. Un altro messaggio da ricordare è che se una donna si accorge di avere qualcosa che non va, non deve aspettare ad andare dal medico: ancora oggi arrivano alla nostra osservazione tumori molto sviluppati dei quali le pazienti non hanno parlato per paura delle conseguenze.

IL CARCINOMA ALLA MAMMELLA HER2 POSITIVO È CONSIDERATO FRA LE TIPOLOGIE PIÙ TEMIBILI: DA COSA È CARATTERIZZATO?
Il tumore al seno HER2 positivo è uno dei quattro sottogruppi di tumore al seno che distinguiamo dal punto di vista clinico: interessa circa il 25% delle pazienti ed è la forma più aggressiva. HER2 positivo significa che sulla membrana delle cellule tumorali sono presenti, con una concentrazione molto più alta, i recettori HER2, un tipo di recettori che mediano la moltiplicazione delle cellule e che, se sono iperespressi, mettono in condizione la cellula tumorale di moltiplicarsi con molta maggiore velocità ed energia.

ESISTONO FATTORI DI RISCHIO OGGETTIVI CHE INCREMENTANO L’INCIDENZA DI UN CARCINOMA ALLA MAMMELLA HER2 POSITIVO? E QUANTO INCIDE UNA DIAGNOSI PRECOCE SULLA PROGNOSI DI UN CARCINOMA HER2 POSITIVO?
Questo tipo di tumore si presenta con maggiore frequenza tra le donne più giovani: l’età è quindi sicuramente il fattore di rischio principale. Un secondo fattore di rischio è la familiarità: una donna la cui madre o la sorella abbiano avuto un tumore al seno e che presenti la mutazione di due oncogeni, BRCA1 e BRCA2, ha un’alta probabilità nel corso della sua vita di ammalarsi di tumore alla mammella e in particolare di questo tipo di tumore. Per le donne a rischio è opportuno anticipare prima dei 40 anni l’età dello screening ed eventualmente, se il seno è poco esplorabile con la mammografia, perché in giovane età il seno è più denso, si può utilizzare la risonanza magnetica.


PER L’IDENTIFICAZIONE DEL CARCINOMA ALLA MAMMELLA HER2 POSITIVO, ESISTE UN TEST DIAGNOSTICO?
I test diagnostici di cui disponiamo sono due: il più semplice è quello immunoistochimico, eseguito obbligatoriamente su tutti i tumori asportati. Questo test si basa sulla colorazione delle cellule, che assumono un determinato colore in presenza dei recettori HER2, permettendo così all’anatomopatologo di identificare questa condizione di iperespressione. In caso di risultato dubbio, si procede con un test biologico-molecolare, cioè si va a “contare” nel DNA il numero di copie che esprimono la proteina del recettore. È un test più sofisticato che si esegue attraverso una biopsia o direttamente sul reperto operatorio in caso di intervento chirurgico. Questo test è fondamentale perché ci permette di stabilire l’aggressività della malattia e quindi di trattare la paziente con la terapia specifica per il tipo di tumore. Oggi noi siamo in grado di azzerare il fattore prognostico negativo per la sopravvivenza della paziente rappresentato dalla positività all’HER2 grazie a trastuzumab, un farmaco che va a bloccare in modo specifico questo recettore.

QUAL È IL MECCANISMO D’AZIONE DI TRASTUZUMAB E I SUOI RISULTATI IN TERMINI DI EFFICACIA?
I recettori HER2 che mediano la crescita delle cellule vanno immaginati come delle “serrature” nelle quali vanno a inserirsi delle chiavi, ovvero i fattori circolanti di stimolazione della crescita. Trastuzumab agisce occupando queste serrature, impedendo così l’ingresso ai fattori della crescita. Con questa opzione terapeutica possiamo ridurre del 40-50% la mortalità delle donne colpite da tumore al seno HER2 positivo. Questo farmaco viene somministrato contemporaneamente alla chemioterapia, dopo l’intervento chirurgico, e viene poi proseguito per un anno, mentre la chemioterapia viene interrotta dopo alcuni mesi.
La buona notizia, per le pazienti che devono essere trattate con trastuzumab è che questo farmaco potrà essere somministrato sottocute e non più endovena. Inutile sottolineare quanto questa nuova formulazione faciliti la terapia e migliori la qualità di vita delle pazienti. Per il momento questa formulazione in Italia è disponibile solo in via sperimentale in alcuni centri, tra i quali il Cardarelli; le nostre pazienti possono già accedere a questa modalità di cura, che ha la stessa efficacia di quella per endovena ma è molto più comoda.
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PAZIENTI CON TUMORE AL SENO HER2 POSITIVO: MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DI VITA CON LE NUOVE FORMULAZIONI SOTTOCUTE
Intervista a Michele De Laurentiis - Direttore U.O.C. Oncologia Medica Senologica, Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale”, Napoli

L’IRCCS DI NAPOLI È IL CENTRO COORDINATORE DI UNO STUDIO CLINICO INTERNAZIONALE VOLTO A SPERIMENTARE UNA NUOVA MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DELLA TERAPIA BIOLOGICA PER IL TRATTAMENTO DEL TUMORE HER2 POSITIVO: PUÒ ILLUSTRARCI DI COSA SI TRATTA E QUALI SONO GLI OBIETTIVI CHE SI PREFIGGE?
Lo studio SaferHER che ho il privilegio di coordinare per l’Italia oltre a far parte del Comitato Guida internazionale, è partito nel 2012, coinvolge circa 500 Centri in tutto il mondo e si prefigge il reclutamento di un elevato numero di pazienti con tumore mammario HER2 positivo: circa 2.500. 
Le pazienti arruolate dopo essere state sottoposte ad intervento chirurgico riceveranno come terapia adiuvante, per la durata di un anno, l’anticorpo monoclonale trastuzumab nella innovativa formulazione sottocutanea. Un gruppo di pazienti verrà trattato con un’iniezione sottocutanea di trastuzumab eseguita da un infermiere. Un altro gruppo di pazienti, invece, verrà dotato di un dispositivo medico pronto per l’uso, realizzato ad hoc per l’autosomministrazione, in vista di un’eventuale uso domicilare.
Lo studio SaferHER aggiungerà dati relativi alla sicurezza della somministrazione sottocutanea di trastuzumab, già precedentemente dimostrata nello studio registrativo HannaH, oltre che valutare la gestione e il gradimento del dispositivo utilizzato per l’autosomministrazione.

IL TRIAL DI FASE III HANNAH HA DIMOSTRATO CHE LA NUOVA MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE SOTTOCUTANEA CONSENTE DI OTTENERE UN’EFFICACIA PARAGONABILE A QUELLA OTTENUTA PER VIA ENDOVENOSA. PUÒ ILLUSTRARCI DI COSA SI TRATTA E CHE TIPO DI TECNOLOGIA SI UTILIZZA?
La somministrazione sottocutanea di trastuzumab è già stata oggetto di numerosi studi tanto che questa nuova modalità è in fase di registrazione presso l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA). Lo studio HannaH ha dimostrato in maniera inequivocabile che la somministrazione per via sottocutanea è paragonabile a quella per via endovenosa in termini di efficacia e di safety. Grazie a queste evidenze si è potuto procedere alla richiesta di registrazione per l’uso clinico che dovrebbe avvenire entro la seconda metà del 2013. Molto innovativa la tecnologia utilizzata, che permette la somministrazione sottocutanea di volumi di farmaco superiori a 2 ml; nel caso di trastuzumab iniettato per via sottocutanea, si somministreranno 5 ml di soluzione contenente l’anticorpo monoclonale trastuzumab. L’idea è stata quella di associare all’anticorpo monoclonale la ialuronidasi umana ricombinante, un enzima ottenuto in laboratorio con tecniche di DNA ricombinante. Si tratta di una proteina enzimatica capace di idrolizzare temporaneamente l’acido ialuronico presente nel tessuto sottocutaneo permettendo il passaggio del farmaco attraverso il tessuto sottocutaneo verso il circolo sistemico.

DAL PUNTO DI VISTA DELLA PAZIENTE CON TUMORE HER2 POSITIVO, QUALI SONO I BENEFICI CHE PUÒ APPORTARE QUESTA NUOVA MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE?
Il primo vantaggio offerto dalla somministrazione sottocutanea è rappresentato dalla minore invasività rispetto alla somministrazione endovena. Altri vantaggi derivano dalla maggiore rapidità e praticità con cui viene somministrato l’anticorpo monoclonale: la durata della somministrazione sottocutanea è di circa 5 minuti contro i 30-90 minuti della somministrazione per via endovenosa; non c’è attesa per la poltrona d’infusione quindi nel complesso la permanenza in ospedale è ridotta al minimo.
Dal punto di vista delle strutture ospedaliere, quali sono i concreti vantaggi dell’utilizzo di questa nuova modalità di somministrazione?
Il reparto e la farmacia sono sgravati di parecchio lavoro: si evitano i tempi di preparazione della terapia (le fiale sottocutanee sono praticamente pronte all’uso), non è richiesto il posto nella sala/poltrona d’infusione, non ci sono scarti di farmaco poichè nella formulazione sottocute il dosaggio è fisso, mentre nella formulazione per via endovenosa è calcolato in base al peso della paziente, naturalmente si creano anche meno rifiuti ospedalieri. Nel complesso quindi con la somministrazione sottocutanea l’impiego di risorse sanitarie è ridotto.

È PENSABILE IN UN FUTURO PROSSIMO L’AUTOSOMMINISTRAZIONE DEL FARMACO?
Molto dipenderà dagli Enti regolatori. L’Europa per questa speciale opportunità è un passo avanti agli Stati Uniti. Siamo ottimisti, al momento sono in corso altri studi come il PrefHER che analizzerà anche le preferenze delle donne in fatto di somministrazione tradizionale e sottocutanea per valutare il reale valore aggiunto di quest’ultimo importante traguardo.
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TUMORE HER2 POSITIVO, GRAZIE ALLE TERAPIE MIRATE LE SPERANZE DI CURA DIVENTANO REALTÀ
Intervista a Sabino De Placido - Professore ordinario di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, Napoli


SULLA BASE DEL MECCANISMO D’AZIONE DI TRASTUZUMAB, TERAPIA CHE HA CAMBIATO LA STORIA NATURALE DEL CARCINOMA ALLA MAMMELLA HER2 POSITIVO, QUALI SONO LE FUTURE OPZIONI TERAPEUTICHE CHE LA RICERCA SCIENTIFICA METTERÀ A DISPOSIZIONE DELLE DONNE CON QUESTA TIPOLOGIA DI TUMORE IN FASE METASTATICA?
Sicuramente l’introduzione del pertuzumab nel prontuario farmacologico delle pazienti HER2 positive costituisce un avanzamento importante nella possibilità di cura delle pazienti con malattia sia in fase precoce che metastatica. Grazie al particolare meccanismo d’azione, il pertuzumab, che lega il recettore HER2 sulle cellule di tumore mammario in un sito differente da quello del trastuzumab, sinergizza e migliora l’attività terapeutica già ottimale del trastuzumab, causando, in modelli sperimentali animali, una completa distruzione delle cellule tumorali e determinando nelle pazienti con malattia metastatica HER2 positiva della mammella un netto miglioramento del tempo alla progressione di malattia e, ancora più importante, della sopravvivenza globale come recentemente dimostrato dallo studio Cleopatra.
Sottolineo che il miglioramento della sopravvivenza globale in pazienti con malattia mammaria metastatica è uno degli obiettivi più difficili e più importanti da ottenere in quanto rappresenta un cambio nella storia naturale della malattia.
Non sono stati segnalati rilevanti problemi di tossicità dovuti all’utilizzo del pertuzumab che può a pieno titolo essere considerato un farmaco sicuro e decisamente maneggevole.
Attualmente il pertuzumab, in commercio negli Stati Uniti ma non ancora in Europa, è disponibile in Italia nell’ambito di sperimentazioni cliniche attive presso diversi centri di ricerca dislocati sul territorio nazionale. Presso la nostra Istituzione, AOU Federico II per esempio, sono attive due sperimentazioni cliniche che prevedono l’utilizzo del pertuzumab sia per le donne con malattia operabile che per quelle in fase metastatica. Tali sperimentazioni permettono quindi alle pazienti di accedere ad un trattamento altamente innovativo ed attivo che altrimenti ancora non sarebbe disponibile nel nostro Paese.

L’OBIETTIVO DELLA RICERCA SCIENTIFICA È QUELLO DI METTERE A PUNTO TERAPIE PERSONALIZZATE E MIRATE PER IL SINGOLO TIPO DI TUMORE RISPETTANDO LA QUALITÀ DI VITA DELLE PAZIENTI. IN QUESTO CONTESTO, PER IL TRATTAMENTO DEL TUMORE HER2 POSITIVO, QUALI SONO GLI SCENARI FUTURI?
Il T-DM1 rappresenta un altro farmaco di ultima generazione a disposizione delle pazienti con malattia HER2 positiva. Il T-DM1 è un anticorpo monoclonale specifico per il recettore HER2, il trastuzumab per l’appunto coniugato con una potente tossina che ha la capacità di distruggere la cellula tumorale una volta da questa incamerata. Questo meccanismo di azione, che consente al farmaco di essere estremamente selettivo nei confronti delle cellule da colpire, determina la sua elevata attività a livello dei tumori HER2 positivi con una relativamente limitata tossicità sistemica.
Lo studio Emilia ha chiaramente dimostrato l’attività del T-DM1 in pazienti con tumore HER2 positivo della mammella metastatico a progressione da un trattamento di prima linea contenente il solo trastuzumab in associazione con la chemioterapia. Tale attività si è attestata con un chiaro miglioramento sia del tempo alla progressione che della sopravvivenza globale delle pazienti a fronte di una tossicità non particolarmente preoccupante e facilmente reversibile. Le pazienti pertanto hanno potuto, nella maggior parte dei casi, continuare le loro attività quotidiane senza un rilevante impatto sulla qualità di vita.

QUALE FUTURO VEDE PER LE PAZIENTI CON TUMORE METASTATICO HER2 POSITIVO?
Sicuramente la malattia metastatica HER2 positiva, in passato sinonimo di malattia molto aggressiva e spesso letale, grazie a questi nuovi farmaci a bersaglio molecolare ha cambiato la sua prognosi in maniera sostanziale. L’avvento del trastuzumab prima e pertuzumab e T-DM1 ora hanno cambiato radicalmente la storia naturale di questa malattia rendendo la possibilità di cura di questo tipo di neoplasie una realtà di fatto e non più una mera speranza. L’aspettativa di vita delle pazienti con tumore metastatico HER2 positivo, grazie alle innovazioni tecnologiche appena descritte, si è notevolmente allungata e finalmente, dopo anni di ricerca in questo campo, si iniziano ad assaporare i risultati dello sforzo finora fatto da tutta la comunità scientifica che si occupa di tumore della mammella.

Fonte: fficio stampa: Pro Format Comunicazione