MedicinaOltre.com PATOLOGIE    DIZIONARIO MEDICO     CONTATTI     PUBBLICITA'    CREDITS     HOME 
MedicinaOltre - guida pratica per la famiglia
TUTTI GLI ARTICOLI:
RICERCA SU TUTTO IL SITO:

RICERCA ARTICOLI







Medicina di base (Comunicati stampa - 2012-12-18 14:41:58)

Ora anche in Italia la terapia domiciliare per i bambini con Sindrome di Hunter

Dopo i pazienti con Malattia di Fabry e di Gaucher, anche i bambini che soffrono della Sindrome di Hunter potranno finalmente eseguire gratuitamente a casa l’infusione della terapia enzimatica sostitutiva in grado di rallentare il decorso e alleviare i sintomi.
Il servizio, sostenuto da Shire, evita ai piccoli pazienti la paura da “camici bianchi” e ai genitori il disagio di recarsi ogni settimana in ospedale, con evidente miglioramento della qualità della loro vita.
Ampiamente utilizzata in Europa e negli Stati Uniti, la home care offre standard di assoluta sicurezza per il paziente, consente ai genitori un tangibile risparmio in tempo e denaro e al SSN di azzerare i costi legati alle infusioni, di ottimizzare l’utilizzo delle risorse ospedaliere, focalizzando le risorse specialistiche al follow-up di malattia.


Roma, 18 dicembre 2012 – Una buona notizia per i bambini colpiti da Sindrome di Hunter, una rara malattia genetica che ha un impatto pesante sul loro sviluppo e aspettativa di vita. Finalmente anche in Italia i piccoli pazienti hanno la possibilità di eseguire nella loro casa - senza dover incontrare in una corsia d’ospedale i temuti “camici bianchi” - la terapia enzimatica sostitutiva, unica opzione terapeutica attualmente in grado di controllare la malattia e migliorarne i sintomi.
Un importante contributo per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti e dei loro genitori e anche un vantaggio per il Servizio Sanitario Nazionale, perché consente di azzerare i costi legati alle infusioni e di ottimizzare l’utilizzo delle risorse ospedaliere.
Il programma di terapia domiciliare hunter@home, sostenuto da Shire, si aggiunge ad analoghe iniziative a supporto di altre due Malattie da Accumulo Lisosomiale: fabry@home, per i pazienti con Malattia di Fabry e gaucher@home per quelli colpiti dalla Malattia di Gaucher.
«Sono ampiamente dimostrati per pazienti e genitori i vantaggi della terapia domiciliare in termini di miglioramento di qualità di vita, risparmio economico, migliore ottimizzazione del proprio tempo, ottima compliance terapeutica – afferma Daniela Concolino, Pediatra Genetista, Responsabile del Centro Regionale di Pediatria Genetica e Malattie Rare presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro – l’estensione in Italia anche per la Sindrome di Hunter nasce nel 2010 con la messa a punto di un progetto pilota, nel quale sono state eseguite più di 400 somministrazioni senza che si registrasse alcun evento avverso».
I vantaggi della terapia domiciliare sono numerosi: il paziente può curarsi negli orari e giorni preferiti, nel rispetto dell’aderenza alla terapia, usufruendo di un supporto medico di assoluta sicurezza, affidato a personale specializzato che agisce in base a protocolli definiti e con la costante supervisione di un medico specialista. Per un bambino questo significa continuare a vedere i propri cartoni animati preferiti mentre fa l’infusione nel salotto di casa sua.

Ai genitori l’home care offerta da Shire consente di evitare il disagio degli spostamenti verso il Centro ospedaliero per eseguire la terapia infusionale, che per i piccoli pazienti con Hunter ha cadenza settimanale: ciò si traduce in minore perdita di giornate di lavoro o di studio e quindi in un tangibile risparmio non solo di tempo e denaro, ma anche in termini di stress.

Un’indagine eseguita sulla qualità del servizio volta a testare, dopo tre anni dall’esordio, la validità di questo modello assistenziale tra i pazienti con Malattia di Fabry, ha quantificato in circa 900 euro l’anno il risparmio del paziente sui viaggi verso l’ospedale e una media di 18 giorni recuperati per mancati accessi ospedalieri.

«Nessuno dei pazienti seguiti nell’ambito di questi progetti ha sentito l’esigenza di cambiare l’infermiere che esegue l’infusione o di interrompere il servizio, e non si è verificata alcuna reazione avversa – dichiara Gianni Belletti, Responsabile Operativo di Caregiving Italia, l’azienda specializzata che si occupa di fornire il servizio. «Altro punto di forza è che i pazienti, o i loro genitori, sono liberati da tutti gli adempimenti burocratici necessari per attivare la terapia domiciliare e avere la disponibilità del farmaco, che è rigorosamente trasportato al loro domicilio nel rispetto delle norme vigenti».

Ma l’home care offre anche una serie di vantaggi per il SSN, sia in termini di risparmio che di utilizzo ottimale delle risorse ospedaliere e specialistiche, che possono così focalizzarsi sul follow-up di malattia. Come rileva Francesco Scopesi, Vice Presidente & General Manager Shire Italia S.p.A., «il servizio è totalmente a carico di Shire, per cui, dal punto di vista della spesa sanitaria, la somministrazione domiciliare della terapia enzimatica sostitutiva adempie in pieno alle esigenze della spending review, perché il SSN non solo non spende denaro pubblico, ma anzi risparmia in termini d’impiego delle risorse dei Day Hospital, siano esse costituite da posti letto o dal tempo dedicato all’infusione da parte del personale specializzato. La terapia domiciliare riesce dunque a conciliare le esigenze dei pazienti e le necessità di risparmio nella spesa sanitaria».

Il programma hunter@home supporta 30 Centri ospedalieri ed è eseguibile in 11 regioni d’Italia, prevalentemente nel Centro-Sud, avendo incontrato alcune resistenze al Nord. A tale proposito Flavio Bertoglio, Presidente dell’AIMPS, Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini onlus e padre di un bambino con MPS II, dichiara: «non posso che essere contento e grato, perché l’infusione a domicilio costituisce un grande balzo in avanti nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti e dei loro genitori. Mi auguro vivamente che essa possa estendersi il più possibile e che siano vinte le resistenze immotivate espresse da alcune Regioni italiane, che finiscono per colpire i bambini e le loro famiglie».

La Sindrome di Hunter, detta anche Mucopolisaccaridosi II (MPS II) è caratterizzata da un enzima cellulare difettoso o mancante che purtroppo colpisce i bambini intorno ai due anni d’età, proprio quando iniziano a crescere, costringendoli a una irreversibile regressione e a complicanze sempre più invalidanti.
Fa parte del più ampio gruppo delle Malattie da Accumulo Lisosomiale, che sono più di 40, scatenate dal difetto o la mancanza di un enzima contenuto nei lisosomi, delle vescicole che hanno la funzione di riciclare e degradare i materiali di rifiuto prodotti a livello cellulare: tale materiale di scarto finisce per accumularsi nelle cellule, dando origine a una serie molto eterogenea di sintomi e progressive complicanze a carico di fegato, milza, articolazioni, cuore, vie respiratorie, con esito quasi sempre infausto.
I bambini affetti generalmente non manifestano alcun problema alla nascita e crescono normalmente; dopo i due anni di vita i bambini iniziano a subire una regressione dello sviluppo psicomotorio e le conseguenze del coinvolgimento dei vari organi.

Spesso non si riesce ad ottenere una diagnosi precoce – raggiungibile con un semplice test delle urine – che permetterebbe di controllarla attraverso la terapia enzimatica sostitutiva (ERT) a base di idursulfasi (Elaprase®), una copia dell’enzima mancante realizzato con una sofisticata tecnologia del DNA ricombinante. Questa terapia, disponibile dal 2006, ha rappresentato un punto di svolta per i pazienti, che fino a quel momento non disponevano di alcun farmaco per contrastare la progressione della Sindrome: è infatti l’unica in grado di ridurre l’accumulo dei materiali di scarto nelle cellule, rallentando, se non prevenendo, il danno ai tessuti e agli organi.

INTERVISTE
Intervista a Daniela Concolino, Pediatra Genetista, Responsabile del Centro Regionale di Pediatria Genetica e Malattie Rare, Università “Magna Graecia” di Catanzaro.
SINDROME DI HUNTER: ANCHE I PICCOLI PAZIENTI FINALMENTE POSSONO CURARSI A CASA
Il programma “home care” è iniziato con il progetto fabry@home per i pazienti con Malattia di Fabry, si è esteso alla Malattia di Gaucher e ora è disponibile anche per i pazienti con Sindrome di Hunter: può illustrarci le peculiarità di questa patologia? Perché, a differenza delle altre, le mucopolisaccaridosi sono denominate sindromi?

La Sindrome di Hunter è una Malattia da Accumulo Lisosomiale che rientra nell’ampio capitolo delle mucopolisaccaridosi, patologie rare caratterizzate dalla carenza di un enzima deputato alla degradazione dei mucopolisaccaridi, grosse molecole di scarto cellulare non più utilizzate dalle cellule stesse; se l’enzima, che agisce come una forbice, non funziona, tali molecole non degradate si accumulano progressivamente in diversi organi e apparati dell’organismo: cervello, cuore, articolazioni, fegato, milza, causando le manifestazioni cliniche di queste particolari forme di patologie da accumulo lisosomiale. I bambini affetti presentano una serie di segni e sintomi diversi tra loro, ma che di fatto sono sostenuti dalla medesima causa: per tale ragione viene definita sindrome.

Quali sono i segni che manifestano l’insorgenza della Sindrome di Hunter?

Una peculiarità della Sindrome di Hunter è il fatto che nella sua forma classica essa inizia a manifestarsi nei primi anni di vita. I bambini affetti generalmente non manifestano alcun problema alla nascita e, almeno nei primi anni di vita, crescono normalmente, con una normale acquisizione delle tappe di sviluppo; progressivamente, poiché è necessario un certo periodo di tempo affinché l’accumulo possa dare dei segni clinici, cominciano a rendersi evidenti le prime manifestazioni con un iniziale coinvolgimento, nella gran parte dei casi, del sistema nervoso centrale; questo fa si che il processo di acquisizione si fermi e i bambini inizino a subire una regressione dello sviluppo psicomotorio. L’accumulo di queste sostanze di scarto cellulare causa una sintomatologia che diventa sempre più invalidante, non solo a livello cerebrale, ma anche a carico delle articolazioni, provocando una serie di contratture articolari, del cuore e delle vie respiratorie, con frequenti infezioni e difficoltà respiratorie.
È una malattia di origine genetica, che si trasmette con il cromosoma X e quindi colpisce quasi esclusivamente il sesso maschile, mentre le femmine sono portatrici: questo aspetto rende tale sindrome diversa da tutte le altre forme di mucopolisaccaridosi, che invece colpiscono entrambi i sessi perché hanno una diversa modalità di trasmissione. Sono circa 50 i giovani pazienti che soffrono di Sindrome di Hunter in Italia.
 

Quali sono i risultati raggiunti dalla terapia enzimatica sostitutiva nei piccoli pazienti affetti dalla sindrome?

Fino a pochi anni fa non esisteva una terapia specifica in grado di rallentare la progressione della malattia e la sopravvivenza era intorno alla seconda decade di vita. Oggi la nuova opportunità terapeutica offerta dalla terapia enzimatica sostitutiva, che si basa sulla somministrazione dell’enzima carente, ha cambiato radicalmente la sua storia naturale, così come per altre Malattie da Accumulo Lisosomiale. L’esperienza ottenuta finora consente di poter affermare che questa terapia rallenta sicuramente la progressione della patologia, riducendo l’accumulo a livello del fegato, della milza, delle articolazioni e delle vie respiratorie e comportando un miglioramento di tutte le problematiche periferiche, mentre non si è dimostrata efficace a livello del sistema nervoso centrale. Attualmente sono in corso sperimentazioni sulla somministrazione intratecale che permette al principio attivo di arrivare direttamente anche al sistema nervoso centrale.

Dal 2009 i pazienti italiani colpiti da Malattie da Accumulo Lisosomiale hanno l’opportunità di eseguire nel proprio domicilio la terapia enzimatica sostitutiva: qual è il giudizio dei suoi pazienti e i vantaggi che ne traggono?

La terapia domiciliare è già operativa da diversi anni per i pazienti con Malattia di Fabry e Malattia di Gaucher e sono stati ampiamente dimostrati per i pazienti i vantaggi in termini di miglioramento di qualità di vita, risparmio economico, migliore ottimizzazione del proprio tempo, ottima compliance terapeutica. L’estensione in Italia di questa opportunità terapeutica anche per la Sindrome di Hunter, nasce dall’esperienza che abbiamo iniziato nel 2010 con la messa a punto di un progetto pilota che aveva come obiettivo la sicurezza e la fattibilità della somministrazione domiciliare anche per i pazienti con Sindrome di Hunter. Sono state effettuate più di 400 somministrazioni domiciliari in 3 pazienti pediatrici e non si è registrato nessun evento avverso nè nessun paziente ha chiesto di rientrare in ospedale. In termini di miglioramento della qualità di vita dei genitori dei piccoli pazienti con Sindrome di Hunter, la perdita di giornate di lavoro e i tempi di attesa del sistema ospedaliero che la somministrazione settimanale impongono, finiscono per avere un bilancio negativo non solo dal punto di vista economico ma anche esistenziale.
Per non parlare dei benefici per il bambino: la possibilità di eseguire il trattamento nel proprio ambiente familiare, senza incontrare in una corsia d’ospedale i temuti “camici bianchi” rappresenta per il bambino un vantaggio prezioso in termini di riduzione dello stress ed evita la perdita di giornate di scuola e l’interruzione del suo percorso di apprendimento. Per questi giovanissimi pazienti, inoltre, l’aspetto della compliance è particolarmente importante, perché se trattati in regime di terapia ospedaliera, non sempre sono nelle condizioni di poter eseguire l’infusione ogni settimana, perdendo in tal modo l’aderenza al trattamento. Al contrario, l’organizzazione incentrata sulla somministrazione domiciliare consente una flessibilità e una disponibilità in termini di orari che manca alla struttura ospedaliera, adattandosi alle specifiche esigenze dei piccoli pazienti e offrendo la possibilità di eseguire comunque la terapia nelle 24 ore precedenti o successive alla data fissata. Da questo punto di vista, la home care è dunque un indicatore di compliance ottimale.

Rispetto alle tre patologie da accumulo lisosomiale, quali sono le specifiche esigenze di assistenza terapeutica richieste da quest’ultima tipologia di pazienti?

Dal punto di vista del trattamento in sé, si tratta di una terapia cronica, che deve essere eseguita una volta a settimana – e non ogni 14 giorni come nella terapia per la Malattia di Gaucher e di Fabry – per via endovenosa e quindi questo significa che il bambino deve rimanere attaccato a una flebo per più di tre ore.
L’approccio terapeutico è decisamente più complesso e delicato rispetto a quello necessario per i pazienti colpiti da Malattia di Gaucher e Fabry perché si tratta di pazienti pediatrici e perché si tratta spesso di bambini con importanti problematiche legate a ritardo mentale che, sebbene con diversi gradi di severità, è presente nella maggior parte dei casi. È indispensabile che il personale che assiste questi pazienti abbia una formazione specifica sulla malattia ed una particolare capacità di approccio e di relazione con il bambino e con i suoi genitori.
 
Quali sono le evidenze scientifiche che supportano la scelta di questo innovativo modello di assistenza fondato sull’umanizzazione della cura?

Si tratta di un modello già utilizzato anche negli studi effettuati precedentemente alla registrazione del farmaco; inoltre, altri Paesi, come l’Inghilterra, utilizzano tale modalità da anni ed in letteratura numerose sono le evidenze, riguardanti sia la sicurezza, che il miglioramento della qualità di vita dei bambini e delle famiglie. Finalmente anche l’Italia si è adeguata a quello che, a mio avviso, dovrebbe essere lo standard assistenziale per i pazienti affetti da Sindrome di Hunter.

In termini di sicurezza, quali sono le garanzie offerte dalla terapia domiciliare? Può essere considerata un’alternativa sicura ed efficace alla cura ospedaliera?

Dal punto di vista della sicurezza, alla luce degli anni di esperienza accumulata nella somministrazione del farmaco si può affermare che il farmaco può essere infuso con tranquillità, l’eventualità che provochi delle reazioni avverse è minima e, tra l’altro, dà reazioni per lo più lievi e moderate. Inoltre, i pazienti selezionati per la home care sono quelli che hanno superato in ambito ospedaliero il periodo critico nel quale sono più frequenti le reazioni avverse e possono essere avviati, dal loro medico di riferimento, alla somministrazione domiciliare se non hanno manifestato alcun problema nei 3 mesi antecedenti. Il personale che si occupa dell’infusione domiciliare è scelto attraverso una selezione molto rigida fra professionisti formati proprio nella gestione delle reazioni avverse e, pertanto, in grado di gestirla.
Infine, va sottolineato che per tutto il tempo dell’infusione un medico specialista e un pediatra di base sono disponibili e reperibili per qualsiasi eventuale urgenza o consulenza che si renda necessaria.
________________

Intervista a Flavio Bertoglio, Presidente AIMPS - Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini Onlus.
SINDROME DI HUNTER: LA VOCE DELLE FAMIGLIE, LA FORZA DELL’ASSOCIAZIONE
Quali sono le maggiori difficoltà che un bambino colpito da Sindrome di Hunter e i suoi familiari incontrano nella gestione della vita quotidiana?

I problemi che la Sindrome di Hunter crea nel bambino sono tanti e gigantesche le difficoltà quotidiane per la sua famiglia. Quando un genitore diventa un genitore MPS, la vita si ribalta completamente: se prima la priorità era far bene il proprio lavoro e ottenere il massimo, un minuto dopo la diagnosi la priorità è salvare la vita al proprio figlio e quindi ci si abitua a tutto e, primariamente, a vivere alla giornata.
Dopo i primi due anni di vita apparentemente normali, il bambino comincia a star male, con violenti raffreddori che persistono anche per mesi e che lo costringono a dormire seduto sul divano in braccio alla mamma o al papà, perché disteso, non riuscirebbe a respirare. Sono bambini che nascono, come tutti noi, con l’1% delle cellule occupate da questa sorta di stazione di stoccaggio dei residui tossici del metabolismo che si chiama lisosoma. Purtroppo, tutto poi va a ritroso: cominciano a non sentire, a non parlare, a non camminare e quando li perdiamo il lisosoma ha occupato il 70% di spazio in ogni loro cellula. Mio figlio ci riconosce al tatto e riesce a suo modo a comunicarci le sue emozioni, ma nulla più: ha 14 anni ed è in terapia da 6, e se non avesse avuto questa possibilità ora, con buona probabilità, non ci sarebbe più.

È stato difficile per suo figlio arrivare a una diagnosi certa?

Questa è stata la prima, enorme difficoltà: arrivare a una certezza diagnostica. Mio figlio è stato diagnosticato per caso, dopo aver consultato tanti luminari dell’ortopedia, perché la malattia ha dato segni di sé con un gibbo di grosse dimensioni comparso sulla schiena. Inoltre, il suo stato influenzale grave e persistente impediva di eseguire la risonanza magnetica che ci veniva richiesta, fino a che un ortopedico che conosceva le MPS è entrato per caso nella stanza dove si trovava mio figlio e ne ha riconosciuto i segni, consigliandoci, con un tatto e una gentilezza purtroppo inusuali, un esame non invasivo delle urine, che poi ha confermato il sospetto: era almeno finito l’incubo dell’incertezza diagnostica.

L’AIMPS è l’associazione di riferimento per coloro che sono affetti dalla Sindrome di Hunter: com’è cresciuta in questi vent’anni e quali sono gli obiettivi che attualmente si prefigge?

L’Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini - Onlus (AIMPS) è nata ventuno anni fa, per volere di alcuni genitori che hanno avuto questa grande illuminazione, fra cui la signora Anna Brusco, che ne è stata Presidente per dieci anni e che ha poi lasciato a me il testimone.
In questi ultimi dodici anni questo impegno ha continuato a crescere e ci ha permesso oggi di svilupparla nel modo più utile, implementando e incrementando la comunicazione esterna, in modo da far conoscere questa patologia e le problematiche di chi ne è colpito. Oggi il numero dei nostri soci è quadruplicato e, insieme ad esso, anche il nostro budget: siamo circa 1.000 soci, tra cui anche persone appartenenti al nucleo familiare allargato dei bambini con Hunter.
Siamo ancora un’associazione piccola, ma cerchiamo di fare il possibile, perché i fondi sono necessari da ogni punto di vista, e l’attuale crisi globale ha aggiunto un’ulteriore criticità alle famiglie che hanno in casa un malato di MPS disabile grave. Il sostegno alla famiglia e alla ricerca scientifica sono quindi i nostri primari obiettivi.
Dopo il successo dell’iniziativa con i pazienti affetti da Malattia di Fabry e di Gaucher, finalmente anche per i pazienti con Sindrome di Hunter è disponibile la somministrazione domiciliare della terapia enzimatica sostitutiva: ritiene che possa migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei caregiver e perché?
Ricordo che non appena siamo venuti a conoscenza della disponibilità dell’home care per i pazienti con Malattia di Fabry, in qualità di legale rappresentante dell’AIMPS mi sono rivolto a Shire per chiedere l’estensione di questa opportunità terapeutica domiciliare anche ai pazienti con MPS II. Quella domanda oggi si traduce in realtà e non posso che essere contento e grato, perché l’infusione a domicilio costituisce un grande balzo in avanti nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti e dei loro genitori.
Mi auguro vivamente che la terapia domiciliare possa estendersi il più possibile e che vengano vinte le resistenze immotivate espresse da alcune regioni italiane, che finiscono per colpire i bambini e le loro famiglie. Purtroppo le vessazioni da parte della burocrazia penalizza proprio chi avrebbe maggior necessità di vedere rispettati i diritti a una pari dignità.

La Sindrome di Hunter è una rara Malattia da Accumulo Lisosomiale, poco conosciuta alla gran parte della popolazione: quanto è importante una maggiore informazione?

È d’importanza cruciale: le Malattie da Accumulo Lisosomiale non sono solo rare, ma anche molto poco conosciute da gran parte della popolazione, per cui vi è assoluta necessità di un’informazione corretta, aggiornata, che possa raggiungere anche chi non ha dimestichezza con il linguaggio medico e che magari è alla prese con la fase iniziale della patologia e non riesce ad arrivare a una diagnosi. I genitori che ricevono una diagnosi subiscono un tale trauma che spesso, per alcuni, viene a mancare la lucidità mentale di prendere l’iniziativa di raggiungerci.
Ciò che infatti ci preoccupa maggiormente è la percentuale di pazienti, intorno al 25%, che continuano a non essere diagnosticati e vagano da un medico all’altro per capire cosa sta succedendo al loro bimbo. Ecco perché è prioritario diffondere l’informazione sulla patologie e le strutture di sostegno per i familiari di pazienti, in modo che un genitore che si trovi a diventare un genitore MPS sappia che esiste un’Associazione di riferimento.
È quello che nel nostro piccolo stiamo cercando di fare e siamo grati a chiunque si renda disponibile a diffondere conoscenza su queste patologie e anche a darci concretamente una mano, come sta facendo oggi Shire, anche nella gestione della patologia.
________________

Intervista a Gianni Belletti, Responsabile Operativo Caregiving Italia.
QUANDO IL FARMACO ARRIVA DIRETTAMENTE A CASA: BENEFICI, VANTAGGI E ORGANIZZAZIONE DELLA ERT DOMICILIARE

La somministrazione domiciliare della terapia enzimatica sostitutiva (ERT) è finalmente una realtà anche per i piccoli pazienti colpiti dalla Sindrome di Hunter: come nasce il progetto ert@home e in cosa si caratterizza?

Il primo servizio gratuito di somministrazione domiciliare di terapie enzimatiche sostitutive nasce grazie all’iniziativa di Shire nel 2008: il progetto ert@home sviluppa un modello assistenziale in grado di offrire un’assistenza ai pazienti con Malattie da Accumulo Lisosomiale costruito intorno alle loro specifiche esigenze e caratterizzato da livelli di sicurezza analoghi al trattamento ospedaliero. Il nostro compito è fare in modo che il paziente possa assumere l’enzima mancante in totale sicurezza e nel proprio ambiente domestico.
Il servizio domiciliare è a cura di personale altamente specializzato e periodicamente formato, che opera in stretta collaborazione con il Centro clinico di riferimento: Caregiving Italia è infatti un’azienda specializzata nella progettazione e gestione di servizi terapeutici extra ospedalieri.
I primi pazienti a usufruirne sono stati quelli con Malattia di Fabry nel 2009, con il programma fabry@home; nel 2010 è poi partito gaucher@home finalizzato alla Malattia di Gaucher e ora, con hunter@home, il supporto domiciliare è esteso anche ai pazienti con Sindrome di Hunter.
Nelle Malattie di Gaucher e Fabry l’enzima è somministrato ogni due settimane, mentre i piccoli pazienti con Sindrome di Hunter devono ricorrere alla ERT ogni settimana, eseguendo un’infusione endovenosa che può durare fino a 4 ore.

Quali sono i concreti vantaggi che la home care può offrire ai pazienti con Malattie da Accumulo Lisosomiale e alle loro famiglie?

Innanzitutto la terapia domiciliare ovvia ai disagi degli spostamenti con minore perdita di giornate di lavoro o di studio e dunque significa risparmio di tempo e denaro. Molto spesso la già difficile condizione dei pazienti e delle loro famiglie è infatti ulteriormente aggravata dalla necessità di raggiungere i Centri e le strutture ospedaliere per eseguire la terapia.
Un’indagine condotta sui pazienti con Malattia di Fabry in trattamento domiciliare a tre anni dall’avvio ha consentito di quantificare i benefici che l’home care può offrire: circa 1.200 Km in meno l’anno da percorrere per paziente e circa 900 euro l’anno risparmiati sui viaggi con un recupero medio di 18 giorni di scuola e di lavoro che le famiglie non hanno dovuto dedicare alla terapia ospedaliera.
Va sottolineato, infine, che sono state erogate quasi il 98% di infusioni nel rispetto del piano terapeutico, una percentuale superiore alla media del trattamento in regime ospedaliero.
Questi risultati indicano la validità del modello d’assistenza domiciliare e confermano il tangibile miglioramento della qualità di vita che la possibilità della somministrazione domiciliare dell’infusione comporta: sebbene non modifichi lo stato di malattia, essa incide significativamente sulla percezione del proprio stato di salute complessivo.

Quali sono, secondo il giudizio di familiari e pazienti, i punti di forza del servizio di infusione domiciliare?

Da un’indagine di soddisfazione condotta nelle scorse settimane, un aspetto che è stato molto apprezzato da pazienti e familiari è la qualità della relazione che s’instaura con gli infermieri che eseguono la terapia a domicilio, che si basa sulla disponibilità all’ascolto, sulla capacità di fornire spiegazioni e sulla professionalità e le competenze percepite.
Nello specifico, per i piccoli pazienti con Sindrome di Hunter è un grosso vantaggio poter seguire la terapia senza dover interrompere la loro normale routine quotidiana.
Fino ad oggi, inoltre, non si è verificata nessuna reazione avversa in corso di infusione né alcuna non conformità nel trasporto e consegna del farmaco: tutti i pazienti hanno dunque rispettato il follow up di malattia preso il loro Centro clinico di riferimento.

Quanti e quali sono le figure professionali che si occupano del servizio di terapia domiciliare?

Il servizio mette a disposizione del medico specialista, che valuta l’eleggibilità del paziente, definisce la prescrizione terapeutica e gestisce le visite di controllo periodiche, quattro figure professionali. Un medico del servizio, con specifiche competenze sulle Malattie da Accumulo Lisosomiale, che ha la responsabilità medico-legale dell’infusione domiciliare, supporta gli infermieri in corso di infusione e funge da figura di riferimento per i clinici. C’è poi un Coordinatore infermieristico esperto nella progettazione di modelli assistenziali nelle malattie rare che partecipa alla presa in carico del paziente, e gli infermieri specializzati nelle terapie infusionali e nella gestione delle emergenze, che sono i responsabili della somministrazione della terapia nel rispetto del protocollo concordato.
Infine, il manager del servizio che controlla la qualità complessiva del servizio e si occupa di tutti gli adempimenti amministrativi e burocratici relative alle modalità di dispensazione del farmaco, garantendo il rispetto delle norme di conservazione e trasporto previste dall’AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio).

Quanti sono i pazienti che ne usufruiscono e i Centri ospedalieri supportati?
Attualmente sono oltre 100 i pazienti che usufruiscono del servizio di terapia domiciliare in 11 regioni, con una prevalenza maggiore nel Centro-Sud: Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna e sono oltre 30 i Centri clinici supportati.
________________

Intervista a Francesco Scopesi, Vice Presidente & General Manager, Shire Italia S.p.A.
HOME CARE: L’IMPEGNO TOTALE DI SHIRE VERSO I PAZIENTI, I VANTAGGI PER IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Quali sono le motivazioni che hanno spinto Shire a offrire la terapia domiciliare ai pazienti con patologie da accumulo lisosomiale come la Malattia di Fabry, di Gaucher e ora anche ai piccoli colpiti dalla Sindrome di Hunter?

La decisione di rendere operativo questo tipo di opzione terapeutica è stata dettata in primis dalla consapevolezza dei gravi problemi che incombono sui pazienti, e soprattutto sulle loro famiglie, una volta ricevuta una diagnosi di Malattia da Accumulo Lisosomiale. I Centri specialistici dedicati al trattamento di queste patologie rare sono poco numerosi sul territorio nazionale, quindi spesso pazienti e caregivers sono costretti a spostarsi e viaggiare ore per potersi curare, e questo, come nel caso della Sindrome di Hunter, ogni settimana. Ciò si traduce in un peso notevole, non solo sotto il profilo economico, ma anche da un punto di vista esistenziale e umano, dal momento che queste persone si trovano costrette a perdere giornate di lavoro e a modificare i loro ritmi di vita, sommando un concreto e tangibile disagio, anche economico, alla drammaticità di una diagnosi di malattia rara.
Ci è sembrato, dunque, che i pazienti e le loro famiglie fossero già abbastanza toccati dalla sorte e ci siamo impegnati a cercare di agevolare la gestione della loro vita quotidiana, a migliorarne la qualità, offrendo loro la possibilità di curarsi a casa, senza doversi sottoporre allo stress dei ripetuti spostamenti e della permanenza in ospedale. Inoltre, l’home care è un servizio ormai consolidato in tanti altri Paesi europei ed era inaccettabile che l’Italia rimanesse ultima nell’applicazione di questo innovativo modello assistenziale. Inizialmente non avevamo dei modelli di riferimento, perché le procedure burocratiche all’estero sono del tutto diverse da quelle vigenti nel nostro Paese, per cui abbiamo deciso di partire da zero e implementare il servizio individuando una società altamente specializzata in grado di fornire con efficienza e sicurezza il trattamento domiciliare.

Quali sono i vantaggi della home care dal punto di vista del paziente ma anche della spesa sanitaria?

È un servizio che ha aperto una prospettiva radicalmente diversa alle persone colpite da patologie rare: non è più il paziente che è costretto a recarsi dove viene somministrata la terapia, ma è la terapia che va verso il paziente. Ciò implica un risparmio di costi e una migliore gestione e organizzazione delle loro giornate perché possono godere della libertà di programmare le infusioni quando credono più opportuno, anche di sabato e di domenica.
Inoltre, il servizio è totalmente a carico di Shire: dal punto di vista della spesa sanitaria, la somministrazione domiciliare della terapia enzimatica sostitutiva adempie in pieno alle esigenze della spending review, perché il SSN non solo non spende denaro pubblico ma anzi risparmia, in termini d’impiego delle risorse dei Day Hospital, siano esse costituite da posti letto o dal tempo dedicato all’infusione da parte del personale specializzato.
La terapia domiciliare riesce dunque a conciliare le esigenze dei pazienti e le necessità di risparmio nella spesa sanitaria; ciononostante, vi è stata un‘accoglienza differenziata a livello regionale: il Nord si è dimostrato un po’ recalcitrante all’idea della presa in carico integrale del servizio da parte di un’azienda privata, mentre il Centro-Sud ha sposato appieno questa filosofia patient-centered, che del resto, è attuata da anni con soddisfazione degli utenti in molti Paesi europei, in primis l’Inghilterra.

Parliamo dei pazienti colpiti dalla Sindrome di Hunter: quali sono le loro specifiche esigenze terapeutiche rispetto alle altre Malattie da Accumulo Lisosomiale?

Innanzitutto, e ciò potrebbe bastare, parliamo essenzialmente di pazienti pediatrici. Un bambino colpito da Sindrome di Hunter versa dunque in condizioni ancora peggiori, sia per il tipo di patologia, particolarmente invalidante, sia perché la sua giovanissima età lo rende ancor più indifeso e vulnerabile rispetto allo stress del trattamento terapeutico ospedaliero. Inoltre, a differenza degli altri pazienti con Malattie da Accumulo Lisosomiale, deve sottoporsi alla terapia enzimatica sostitutiva una volta a settimana, e non ogni due. Qualsiasi bambino ha paura di andare in ospedale, anche solo per un semplice prelievo di sangue: si può facilmente immaginare quanto possa essere angosciante per un piccolo essere costretto ogni settimana a recarsi in un ambiente estraneo e rimanerci con una flebo al braccio per più di tre ore. Inoltre, se nel caso delle altre patologie da Accumulo Lisosomiale come la Malattia di Gaucher o di Fabry parliamo nella maggior parte dei casi di adulti costretti a ridefinire priorità e sottostare ai ritmi della terapia, con i piccoli pazienti Hunter è tutta una famiglia che viene sconvolta nella sua vita quotidiana.
Avere un infermiere che si reca in casa, in grado di creare una relazione di fiducia con il piccolo e offrire sostegno e sicurezza ai suoi genitori credo sia un piccolo grande sollievo. Credo che la terapia domiciliare per la Sindrome di Hunter esprima in maniera tangibile e diretta il senso della nostra Responsabilità Sociale e di questo, lo dico con sincerità, siamo davvero molto fieri.

Quali sono gli accorgimenti che sono messi in atto per assicurare la totale sicurezza dell’infusione domiciliare?

Il lavoro congiunto della nostra direzione medica, dei clinici che seguono i pazienti e della società di servizi che si occupa concretamente dell’organizzazione e della procedura terapeutica ha avuto come obiettivo la messa a punto di un protocollo, dettagliato e preciso, di tutti gli steps operativi: quello che deve fare un infermiere quando arriva a casa del paziente, il monitoraggio di alcuni parametri, le procedure dell’infusione, il monitoraggio post-infusione. È stata stilata una sorta di check list, un po’ come quelle in uso per le procedure d’emergenza degli aerei, che contemplano tutti gli accorgimenti e le misure da adottare nel caso avvenga una reazione avversa, qualsiasi essa sia. Nel corso dell’infusione, l’infermiere è in costante contatto con il medico specialista: tale “presenza remota” è assicurata da un calendario delle infusioni organizzato in modo che il medico abbia nella sua agenda il timing delle infusioni e sia dunque raggiungibile e disponibile.
Se l’infermiere avesse anche solo un piccolo dubbio, fosse anche per una lieve alterazione febbrile, sarebbe in grado di confrontarsi con un medico formato nella terapia infusionale della malattie metaboliche, in grado di dare il consiglio giusto. Anche questo protocollo è un nostro punto d’orgoglio, perché può essere considerato un modello anche per i Centri ospedalieri e soprattutto perché il paziente, piccolo o grande che sia, si sente sicuro e più sereno nell’affrontare la terapia.

Shire si distingue per la coerenza con la quale persegue il suo obiettivo di aiutare le persone colpite da patologie rare e particolarmente difficili a condurre una vita migliore: quali sono i vostri prossimi obiettivi?

Ciò che in prima battuta mi ha colpito quando ho iniziato a lavorare in questo settore, era il fatto inaccettabile che potessero passare anche 20 anni prima che il paziente scoprisse quale malattia l’avesse colpito. Per cui occuparsi di malattie rare per noi ha significato – e tuttora significa – anche impegnarsi affinché il paziente arrivi a una diagnosi il prima possibile. Esistono, infatti, popolazioni di pazienti a rischio, che presentano determinati sintomi che non vengono ascritti alle Malattie da Accumulo Lisosomiale perché comuni anche ad altre patologie: l’obiettivo è quindi la diagnosi differenziale, su cui abbiamo lavorato all’inizio delle nostra attività e su cui puntiamo ora.
Il filo conduttore di Shire è una sorta di catena del valore circolare: ciascuno degli attori coinvolti, autorità sanitarie, medici, infermieri, associazioni pazienti, genitori o familiari possono ricevere valore ma nello stesso tempo possono crearne, in un flusso costante in cui il paziente è sempre al centro.
Il nostro obiettivo è dunque continuare a offrire servizi ai pazienti e ai loro familiari con la terapia enzimatica sostitutiva e la possibilità di eseguirla “in casa”, ai medici e alle strutture ospedaliere per fare in modo che possano avanzare nella conoscenza e in questo modo garantire una diagnosi tempestiva, ovvero un valore aggiunto al paziente, che è colui che ne deve beneficiare più di tutti.

La diagnosi differenziale presuppone una conoscenza più ampia delle malattie genetiche: come si concretizza l’impegno Shire in questo cruciale ambito della ricerca scientifica?

Stiamo cercando di trovare una risposta terapeutica a ulteriori malattie genetiche nell'ambito del contrasto alle patologie degenerative e da accumulo lisosomiale. A tal fine Shire Corporate ha recentemente stilato un accordo con il Centro di Ricerca partenopeo TIGEM, dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina, per l’implementazione della ricerca su 13 nuove malattie genetiche. Ritengo che sia un progetto d’importanza strategica non solo per le alte finalità scientifiche che si prefigge, ma anche perché, impegnandosi a finanziare per 5 anni la ricerca in Italia con un plafond di 17 milioni e mezzo di euro, rappresenta un contributo concreto della nostra Azienda all’apertura di nuove opportunità di lavoro per i ricercatori del Sud Italia e dunque per la crescita anche in tempo di crisi.





Fonte: Pro Format Comunicazione – Ufficio stampa