MedicinaOltre.com PATOLOGIE    DIZIONARIO MEDICO     CONTATTI     PUBBLICITA'    CREDITS     HOME 
MedicinaOltre - guida pratica per la famiglia
TUTTI GLI ARTICOLI:
RICERCA SU TUTTO IL SITO:

RICERCA ARTICOLI







Oncologia (Comunicati stampa - 2012-02-08 18:14:48)

Contro i tumori, la rivoluzione delle nanotecnologie

Sono le nanotecnologie la nuova frontiera delle terapie oncologiche:
oggi vengono già utilizzate contro il tumore al seno e se ne studia l’efficacia
anche contro altre importanti forme tumorali come il tumore del pancreas.
Cresce in Italia l’incidenza del tumore al seno, ma aumentano le risorse terapeutiche innovative a disposizione dei medici grazie alle quali, insieme a screening sempre più diffusi e alla diagnostica di avanguardia, stanno radicalmente cambiando qualità e aspettativa di vita delle donne colpite dalla malattia.

Oggi il traguardo della sopravvivenza a 5 anni è raggiunto da oltre l’85% delle pazienti. Un risultato importante se si considerano i circa 40.000 nuovi casi di tumore al seno che si registrano ogni anno in Italia. La Campania è al primo posto per incidenza nel Sud d’Italia, con più di 3.200 nuove diagnosi l’anno.

Una delle frontiere più avanzate nella lotta al tumore al seno è rappresentata dalle nanotecnologie applicate al trattamento clinico della neoplasia mammaria avanzata: modello di questa evoluzione è nabTM paclitaxel, un farmaco innovativo che coniuga un principio attivo di efficacia antitumorale comprovata, il paclitaxel, con una tecnologia d’avanguardia basata sulle nanoparticelle.
Rispetto alla chemioterapia classica, questo farmaco aumenta significativamente i tassi di risposta e la sopravvivenza delle pazienti.

Di queste e altre evidenze cliniche discutono da oggi e per due giorni a Napoli i più importanti oncologi italiani che partecipano al Workshop “Nanotecnologie nella pratica clinica: carcinoma della mammella, ma non solo”, un meeting dedicato a esplorare i nuovi scenari resi possibili dall’impiego delle nanotecnologie non solo contro iltumore al seno ma anche nella terapia di altre importanti neoplasie, come il tumore al pancreas, ai polmoni, alle ovaie e all’epidermide.

NabTM paclitaxel è la prima nanochemioterapia target per le pazienti con carcinoma mammario avanzato. Il suo innovativo meccanismo d’azione consiste nell’utilizzare l’albumina come carrier naturale per veicolare il principio attivo direttamente nelle cellule tumorali. Attraverso la piattaforma nabTM (Nanoparticle Albumine-Bound), il principio attivo si lega all’albumina in nanoparticelle, molecole con dimensione di 130 milionesimi di millimetro (nm), circa 100 volte più piccole di un globulo rosso. Grazie a questa azione più selettiva e mirata, si ottiene il rilascio nel sito tumorale del 49% in più di principio attivo rispetto alla chemioterapia tradizionale e si riducono gli effetti collaterali.

Ulteriore vantaggio di questa tecnologia è il fatto di non richiedere premedicazione e set speciali d’infusione, né i solventi normalmente in uso per i taxani. Le pazienti quindi possono evitare molti dei disturbi, spesso gravi e a volte permanenti, causati da tali prodotti e accorciare il tempo d’infusione a 30 minuti, contro le consuete 3 ore.

Più efficacia e minore tossicità è quindi la prospettiva che si apre grazie all’impiego delle nanotecnologie. «NabTM paclitaxel non può essere considerato soltanto un altro taxano, ma è una vera chemioterapia target, che si configura come un trattamento altamente innovativo nel carcinoma mammario metastatico» dichiara Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. «Rispetto al paclitaxel disciolto in solvente nelle pazienti sottoposte a terapia di seconda linea o oltre, le pazienti trattate con nabTM paclitaxel hanno raddoppiato il tasso di risposta complessivo (Overall Response Rate, ORR) e hanno visto significativamente aumentare il tempo di sopravvivenza globale (Overall Survival, OS) e il tempo alla progressione del tumore (Time To Tumor Progression, TTP)».

Ma le nanotecnologie stanno aprendo nuove speranze anche contro altre forme tumorali rispetto alle quali le terapie hanno avuto finora un raggio d’azione limitato, come il tumore al pancreas, una neoplasia con una prognosi tra le più infauste, con circa il 2% di sopravviventi a 5 anni.
È appena terminato uno studio clinico di Fase II che ha arruolato 67 pazienti affetti da carcinoma del pancreas avanzato non precedentemente trattato, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology. NabTM paclitaxel, in combinazione con gemcitabina, ha rivelato un'importante attività antitumorale, valutata mediante Tomografia a Emissione di Positroni (PET).

Alla dose massima tollerata, la metà dei pazienti ha evidenziato una risposta al trattamento e la percentuale di controllo della malattia è stata quasi del 70%, con una sopravvivenza globale mediana pari a 12,2 mesi e con il 48% dei pazienti vivo dopo un anno.
 La sopravvivenza aumenta significativamente nei pazienti con valori elevati del marker SPARC, una proteina che favorisce l’attività delle cellule tumorali ed è solitamente associata a sopravvivenza più breve: «Attraverso il suo peculiare meccanismo d’azione, nabTM paclitaxel è in grado di invertire il rapporto high-SPARC/minore sopravvivenza» – afferma il professor De Placido – «legandosi alla proteina presente nello stroma, il farmaco ne causa il collasso, incrementa la vascolarizzazione e dunque un migliore assorbimento della gemcitabina. Il risultato per i pazienti è un outcome migliore; inoltre, tale meccanismo rende possibile pensare a un uso personalizzato, specifico per ciascun caso».

A breve, la sperimentazione passerà alla Fase III, che vedrà arruolato un gruppo ben più ampio di pazienti. L’auspicio è che in un futuro quanto mai prossimo anche il tumore al pancreas possa diventare, come il tumore mammario, una malattia cronicizzabile, di modo che i pazienti di oggi saranno in grado di usufruire degli ulteriori avanzamenti della ricerca.

Fonte: Ufficio Stampa Pro Format Comunicazione