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Medicina di base (Articoli - 2011-10-27 10:10:58)

L'emofilia che cos'è, sintomi, diagnosi e terapia

L'emofilia è una malattia di origine genetica, dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. In condizioni normali, in caso di fuoriuscita dai vasi sanguigni, il sangue forma un "tappo" che impedisce l’emorragia. Questo processo comporta l'attivazione di numerose proteine del plasma in una specie di reazione a catena. Due di queste proteine, prodotte nel fegato, il fattore VIII ed il fattore IX, sono carenti o presentano un difetto funzionale nelle persone affette da emofilia. A causa di questo deficit gli emofilici subiscono emorragie esterne ed interne, più o meno gravi.
L’ emofilia si divide in due categorie: l’emofilia A è la forma più comune di emofilia ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione. L’incidenza è di 1 caso ogni 10.000 maschi, l’emofilia B spesso definita malattia di Christmas è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione. L’incidenza è di 1 caso ogni 30.000 maschi.
I sintomi delle due malattie sono praticamente identici e solo tramite gli esami di laboratorio il medico può differenziare questi due tipi di emofilia. In entrambi i casi, la gravità della malattia viene determinata in base alla gravità della carenza di attività del fattore coagulante. Se la percentuale di attività è tra 5 e 40% si parla di emofilia lieve, se la percentuale di attività del fattore coagulante è < 1% si parla di emofilia grave, se è tra 1 e 5% si parla di emofilia moderata

Ereditarietà e combinazioni a rischio
EREDITARIETÀ
L’emofilia è una malattia recessiva che colpisce quasi esclusivamente gli individui maschi. Ciascun essere umano possiede 46 coppie di cromosomi. Due di questi cromosomi determinano il sesso, il cromosoma X ed il cromosoma Y. Le donne hanno due cromosomi X e gli uomini un cromosoma X ed un Y.
Ogni essere umano eredita un cromosoma di ogni coppia dal padre ed uno dalla madre. I maschi ereditano il cromosoma X dalla madre ed il cromosoma Y dal padre, le femmine ereditano un cromosoma X da ciascuno dei due genitori. I geni che codificano la sintesi dei fattori della coagulazione VIII e IX sono situati sul cromosoma X. Non esistono geni per i fattori della coagulazione sul cromosoma Y.
Il cromosoma X, portatore del difetto di coagulazione che determina l’emofilia, viene identificato come “Xe”. Nelle donne portatrici di un cromosoma “Xe”, l’altro cromosoma X non colpito compenserà la produzione di fattore VIII o IX.
I maschi portatori di un cromosoma Y normale e del cromosoma Xe “difettoso” sono colpiti dalla malattia che viene trasmessa dalla madre portatrice, dotata di un cromosoma X sano e del cromosoma Xe “difettoso”. L’emofilico sarà identificato con XeY, mentre la madre portatrice con XXe. È estremamente raro che una donna sia colpita da emofilia, perché ciò accada, il padre deve essere affetto da emofilia e la madre portatrice sana. Molte donne portatrici possono presentare livelli di fattore della coagulazione relativamente bassi e presentare i segni di una “lieve” emofilia.
Nelle famiglie in cui siano presenti casi di emofilia è possibile sottoporre le donne all'analisi del DNA, che si effettua a partire da un normale prelievo di sangue, per stabilire se siano portatrici. E' anche possibile effettuare la diagnosi prenatale nelle gravidanze a rischio.

LE COMBINAZIONI A RISCHIO
• Se i genitori sono perfettamente sani e non portatori, possono nascere figli emofilici: questo succede in circa 1 caso su 3 di emofilia A. In questi casi l'alterazione genica si è verificata al momento della formazione degli spermatozoi o degli ovuli. Se gli esami indicano chiaramente che nessuno dei genitori è portatore, le possibilità di avere un altro figlio ammalato è bassa.
• Se la madre è portatrice ed il padre è sano, un figlio maschio avrà una possibilità del 50% di ereditare l’emofilia in quanto erediterà uno dei cromosomi X della madre (cromosoma Xe), una figlia femmina avrà il 50% di possibilità di essere portatrice del gene dell’emofilia, dato che erediterà uno dei cromosomi X dalla madre.
• Se la madre è sana ed il padre è emofilico, la figlia femmina sarà portatrice dato che erediterà un cromosoma X normale dalla madre ed il cromosoma Xe, “difettoso”, dal padre. Le figlie di un padre emofilico sono definite “portatrici obbligate”: è impossibile che non siano portatrici, il figlio maschio sarà sano in quanto erediterà il cromosoma Y dal padre ed un cromosoma X dalla madre; questo figlio non può trasmettere l’emofilia alle generazioni future.
• Se la madre è portatrice ed il padre è emofilico, non esistono maschi portatori sani: i figli di uomini malati sono sani (se la madre non è portatrice) mentre le figlie saranno tutte portatrici.

Sintomi
Tutte le persone subiscono danni minimi nel corso della loro vita quotidiana e spesso l’organismo è in grado di ripararli da solo. Anche negli emofilici, nella maggior parte dei casi, piccole ferite o graffi non creano problemi. Ma le piccole lesioni delle pareti vasali a livello di articolazioni (emartri) e muscoli (ematomi) possono continuare a sanguinare, provocando emorragie. Queste emorragie vengono talvolta definite “spontanee” in quanto è impossibile risalire alla causa che ha provocato il sanguinamento. Le articolazioni più comunemente colpite sono il ginocchio e la caviglia, in particolare nei bambini. È importante somministrare il fattore della coagulazione mancante e tenere a riposo l’articolazione. Il numero di emorragie è imprevedibile: un emofilico può andare incontro ad un’emorragia tre o più volte alla settimana, o poche volte l’anno. I bambini sono più soggetti degli adulti agli episodi emorragici. In assenza di un adeguato trattamento, emartri ripetuti a livello di una stessa articolazione provocano deformità e impotenza funzionale. Sono frequenti anche gli ematomi che, se non adeguatamente trattati, provocano danno muscolare.




La diagnosi
Per la diagnosi di emofilia, in primo luogo si effettua l’analisi del sangue per misurare un parametro, il tempo di tromboplastina parziale (PTT) che risulta più lungo del normale. La conferma e la tipizzazione dell’emofilia (se di tipo A o B, se grave, moderata o lieve) viene poi avvalorata dal dosaggio delle proteine plasmatiche carenti (il fattore VIII o il fattore IX), metodica ora abbastanza diffusa nei laboratori analisi di molti ospedali del territorio nazionale.

La terapia
Il trattamento per l'emofilia consiste nella terapia sostitutiva, cioè nella somministrazione del fattore mancante (fattore VIII nell'emofilia A, fattore IX nella B). Questi farmaci sono costituiti da molecole di grandi dimensioni che non possono essere assunte per via orale o con iniezioni sottocute, ma devono essere somministrate per iniezione endovenosa. Il concentrato di fattore della coagulazione può essere di derivazione plasmatica, cioè ottenuto dal sangue delle donazioni volontarie oppure di derivazione sintetica, con tecniche di ingegneria genetica: il cosiddetto “fattore ricombinante”. La complicazione principale della terapia sostitutiva è la comparsa, nel sangue dei riceventi, di anticorpi diretti contro il fattore VIII o IX detti “inibitori”, che ne neutralizzano l'effetto, e che possono rendere difficile la terapia. Tutti i farmaci, come l'aspirina, che hanno un effetto negativo sulla coagulazione, devono essere sempre evitati. I due principali regimi terapeutici sono la terapia ‘on demand’ (a domanda) e la profilassi. Il trattamento profilattico consiste in iniezioni di concentrato del fattore mancante. In genere, le persone affette da forma grave necessitano di una terapia continua, mentre nelle forme lievi la terapia sostitutiva si effettua generalmente solo in seguito a traumi o a operazioni chirurgiche. Nell’emofilia A viene somministrato tre volte alla settimana. Nell’emofilia B viene somministrato due volte alla settimana (o più frequentemente, se necessario) per mantenere i fattori della coagulazione ad un valore sufficiente a prevenire le emorragie spontanee. E’ la terapia utilizzata per trattare i bambini affetti da emofilia grave. Alcuni pazienti con emofilia A di tipo lieve vengono trattati con un farmaco chiamato desmopressina: si tratta di un ormone sintetico, non di un prodotto del sangue. La desmopressina stimola l’organismo a produrre fattore VIII, in presenza però di una certa quantità residua di questo fattore. Per questo i pazienti con emofilia di grado lieve, di solito, vengono trattati con concentrato del fattore mancante solo in caso di interventi chirurgici o dopo un incidente o un trauma importante. Tuttavia i pazienti con emofilia lieve possono andare incontro a problemi seri soprattutto perché non riescono a riconoscere subito i segni ed i sintomi di un’emorragia, data la rarità di quest’evenienza. Se un episodio emorragico non viene riconosciuto, quindi non trattato entro breve tempo, si possono avere conseguenze inabilitanti.

Le complicanze
Un'emorragia non trattata comporta un dolore aggravante, per lo stato di distensione cui vengono sottoposti i tessuti circostanti. Nel lungo periodo, un’articolazione colpita da un'emorragia può divenire artritica, con conseguenti dolore ed inabilità cronici. Ogni singola persona ha una soglia del dolore differente. Ciò che sembra "tremendamente doloroso" per una persona può essere "appena dolente" per un'altra. Ciò dipende da come il nostro organismo "legge" il dolore, dalla nostra risposta emotiva al dolore e da come impariamo a gestirlo. La maggior parte delle persone trova giovamento dall'assunzione di farmaci antidolorifici. Tuttavia i pazienti con dolore cronico sono restii ad assumere farmaci ogni giorno. Alcuni pazienti emofilici che hanno assunto antidolorifici per lunghi periodi sono diventati fisicamente ed emotivamente dipendenti da questi farmaci. Può risultare utili per alleviare il dolore il riposo, la fisioterapia, il sonno e il massaggio.
Anche l’aspetto psicologico rappresenta a tutti gli effetti una complicanza legata a questa patologia, soprattutto nei bambini. La cronicità della malattia e la necessità di seguire una terapia a vita ha delle ripercussioni sullop sviluppo psico-fisico del paziente e sulle sue capacità relazionali. Anche l’iperprotezione da parte dei genitori spesso limita una corretta crescita del bambino provocando disturbi d’attenzione, iperattività e difficoltà di concentrazione.

Fonte: Ufficio Stampa Baxter