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Medicina di base (Comunicati stampa - 2011-07-20 10:04:20)

Linfoma di Hodgkin: team italiano batte i ricercatori tedeschi

La terapia italiana ABVD è preferibile per curare il linfoma di Hodgkin rispetto al programma BEACOPP. Un nuovo studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori dimostra che una terapia italiana, ideata dal gruppo italiano del professor Bonadonna nel 1975, rimane ancora il trattamento d’elezione del linfoma di Hodgkin avanzato perché efficace, meglio tollerato e con minori rischi e complicanze.

Uno studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori ha dimostrato che la terapia italiana ABVD è preferibile per curare il linfoma di Hodgkin rispetto al programma BEACOPP, sostenuto dai ricercatori tedeschi come nuovo standard terapeutico di questo linfoma. Dopo un follow-up di 7 anni, i ricercatori hanno infatti verificato che sul lungo periodo il programma di chemioterapia ABVD, messa a punto oltre trenta anni fa all’Istituto Nazionale dei Tumori, è più vantaggioso della terapia progettata dal German Hodgkin Study Group perché offre le stesse probabilità di guarigione ma è meglio tollerata da pazienti e ha minori rischi e complicanze.

La ricerca sarà pubblicata domani su New England Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, ed è stata realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.
Alla ricerca dell’Istituto Nazionale dei Tumori la rivista scientifica ha dedicato anche un ampio editoriale.

Lo studio
La ricerca è stata svolta su 331 pazienti sofferenti di linfoma di Hodgkin, che sono stati suddivisi in due gruppi e rispettivamente curati con ABVD e BEACOPP. A sette anni dalla diagnosi non avevano manifestato recrudescenze della malattia l’85% di pazienti trattati in prima linea con BEACOPP e il 73% dei casi curati con ABVD.
I ricercatori hanno concentrato quindi la loro attenzione sui pazienti che hanno manifestato ricadute e che, per contrastare la recrudescenza della malattia, sono stati sottoposti a chemioterapia ad alte dosi e trapianto di cellule staminali ematopoietiche. In questi casi si è emersa la differenza tra le due terapie: il 33% dei pazienti curati con ABVD sono riusciti a riprendersi mentre tra chi è stato tratto con BEACOPP la percentuale è del 15%.
Nel complesso, al termine del periodo di osservazione complessivo di 7 anni, la sopravvivenza dei pazienti trattati con il metodo tedesco era dell’88% a fronte dell’82% con il metodo ABVD.

Spiega Alessandro M. Gianni, responsabile della struttura di Medicina oncologica 3 dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatore dello studio: “A sette anni dall'inizio della terapia, non esistono differenze significative tra i due gruppi. I motivi di questo risultato sono l'efficacia e l'ottima tollerabilità dei trattamenti così detti di seconda linea o di salvataggio, che oggi ci consentono di guarire molti dei pazienti che ricadono dopo un trattamento iniziale. Su questa base è quindi ovvio scegliere il trattamento, l’ABVD, che offre al paziente la migliore qualità di vita perché meno tossico e con minore rischio di complicanze”.
“L’aspetto innovativo del nostro studio – prosegue Gianni - risiede nell’aver valutato il risultato non subito (alla fine del primo tempo, si potrebbe dire), ma a fine partita, cioè dopo aver trattato i pazienti non guariti con il miglior trattamento “di salvataggio” oggi disponibile”.

Come sottolineato dall’editoriale della rivista dedicato allo studio, un importante ricaduta di questa ricerca è l’aver mostrato che, nei casi in cui esistono trattamenti di salvataggio efficaci e ben tollerati, il nuovo paradigma terapeutico nella cura dei tumori non può essere un semplice confronto tra terapie iniziali (come in questo caso, ABVD e BEACOPP), ma tra strategie comprensive sia del trattamento iniziale che del salvataggio e che tengano conto sia dell’efficacia sia della tossicità delle strategie a confronto.

Le due terapie
ABVD è un regime terapeutico elaborato dal gruppo del professor Gianni Bonadonna nel 1975 presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e consiste in un programma che prevede la somministrazione di doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina.
BEACOPP prevede invece la somministrazione bleomicina, etoposside, doxorubicina, ciclofosfammide, vincristina, procarbazina, prednisone ed è stato messo a punto dal German Hodgkin Study Group.

Lo studio è stato reso possibile da finanziamenti della Fondazione Michelangelo.

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STUDIO PUBBLICATO SU THE NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE, 21 LUGLIO 2011
ABVD versus BEACOPP for Hodgkin’s lymphoma when high-dose salvage is planned

Simonetta Viviani (1); Pier Luigi Zinzani (5); Alessandro Rambaldi (6); Ercole Brusamolino (7); Alessandro Levis (8), Valeria Bonfante (1), Umberto Vitolo (9), Alessandro Pulsoni (4), Anna Marina Liberati (10); Giorgina Specchia (11), Pinuccia Valagussa (1), Andrea Rossi (6), Francesco Zaja (12), Enrico M. Pogliani (3), Patrizia Pregno (9), Manuel Gotti (7), Andrea Gallamini (13), Delia Rota Scalabrini (14), Gianni Bonadonna (1) e Alessandro M. Gianni (1, 2)

(1) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano, Italia.
(2) Università degli Studi di Milano, Milano, Italia.
(3) Università di Milano Bicocca, Milano, Italia.
(4) Università La Sapienza Roma, Italia.
(5) Università degli Studi di Bologna, Bologna, Italia.
(6) Ospedali Riuniti di Bergamo, Bergamo, Italia.
(7) Policlinico San Matteo di Pavia, Pavia, Italia.
(8) Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria, Italia.
(9) Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni Battista, Torino, Italia.
(10) Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, Terni, Italia.
(11) Azienda Ospedaliera Policlinico Consorziale, Bari, Italia.
(12) Policlinico Universitario, Udine, Italia.
(13) Ospedale Santa Croce, Cuneo, Italia.
(14) Istituto di Ricerca e Cura del cancro, Candiolo, Italia.




Fonte: SEC Relazioni Pubbliche e Istituzionali srl