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Medicina di base (Comunicati stampa - 2011-01-25 16:40:02)

Biotestamento: "la nutrizione artificiale non può essere imposta"

Per 8 chirurghi su 10 sono necessarie norme precise sul fine vita.
l presidente Forestieri: “No a cure forzate se il paziente ha espresso parere contrario. Il 75% degli specialisti non si sentirebbe vincolato da una legge”. A febbraio il dibattito alla Camera.

I risultati di un sondaggio condotto dal Collegio Italiano dei Chirurghi (C.I.C.)

Roma, 24 gennaio 2011 – Il 73% dei chirurghi ritiene che la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale siano trattamenti medici e che, quindi, siano materia di adeguato e specifico consenso informato. Perciò, contrariamente a quanto previsto dall’attuale disegno di legge che verrà discusso nelle prossime settimane alla Camera, possano essere oggetto di “dichiarazione anticipata di trattamento” (D.A.T.).

Il dato emerge dal sondaggio promosso dal Collegio Italiano dei Chirurghi (C.I.C.), condotto sui Membri dei Consigli Direttivi delle Società scientifiche afferenti (746 risposte su 1.050 questionari inviati).

Il campione è, pertanto, estremamente importante sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. “Abbiamo voluto interrogarci su un tema che interessa quotidianamente la nostra professione - spiega il prof. Pietro Forestieri, presidente C.I.C. -. Non sono emersi dubbi sull’assoluta necessità di varare una legge il più possibile condivisa su un argomento così delicato.

Per l’81% dei chirurghi, infatti, una legge sul testamento biologico è indispensabile.

E il 70% ritiene che quanto stabilito dal paziente nelle dichiarazioni anticipate di trattamento abbia valore vincolante e non semplicemente orientativo per il medico”.

Ecco i dati più importanti del sondaggio. Il 97% dei chirurghi è concorde sull’astensione dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita.

Il 92% ritiene, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, di dover tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato in modo certo e documentato.

L’89% condivide il principio in base al quale, quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni di salute ma non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale, pur continuando ad assisterla.
Di fronte a pazienti che, prima di perdere coscienza, abbiano espresso parere contrario alla nutrizione artificiale, il 75% dei chirurghi ha dichiarato di non accettare l’obbligo di somministrarla in ogni caso, anche se dovesse essere stabilito dalla legge. In particolare, per il 46% la decisione spetta al paziente, per il 27% al medico ed ai familiari e per poco più del 2% solo al medico.

La decisione di non somministrare o eventualmente sospendere le terapie ed i trattamenti che la tengono artificialmente in vita dovrebbe spettare al paziente, nel caso in cui abbia espresso le sue volontà quando era cosciente, per il 65%; a nessuno, perché la vita è un dono e va in ogni caso tutelata per il 16% circa; ad una commissione etica di esperti per il 12%; ad un familiare per il 5% circa; al medico curante o ad un magistrato solo per poco più dell’1%.

“Un argomento molto sentito dai chirurghi – conclude il presidente Forestieri – è la possibilità di includere nelle dichiarazioni anticipate di trattamento anche la donazione del corpo o degli organi a fini didattico-scientifici. Il 70% condivide tale possibilità come una reale necessità. E’ una modalità didattica indispensabile per i chirurghi, che sono costretti ad andare all’estero per formarsi e perfezionarsi adeguatamente”.

Cosa è il C.I.C.
Il Collegio Italiano dei Chirurghi, nato nel 2007, raggruppa le maggiori Società scientifiche nazionali di area chirurgica (oltre 60) e rappresenta circa 35mila Soci di tutte le branche e delle diverse specialità (chirurghi generali, specialisti, ginecologi, otorinolaringoiatri, ortopedici, urologi, ecc.) impegnati nelle Università e negli Ospedali pubblici ed accreditati di tutto il territorio nazionale. L’obiettivo primario del Collegio è diventare un naturale, autorevole e dovuto interlocutore tra gli specialisti del settore, i pazienti, le Istituzioni, i media e le varie Associazioni. Altro scopo del C.I.C. è riuscire ad aprire un “varco comunicazionale” nei mass media nazionali, per far comprendere all’intera cittadinanza che la sanità, ed in particolar modo la chirurgia, sono un’eccellenza italiana. Per questo il Collegio si impegna al dialogo ed al confronto con le Istituzioni competenti, sia a livello nazionale che regionale, per fare in modo che vi sia una sanità efficiente, efficace, senza sprechi e più uniformemente diffusa sul tutto territorio nazionale. Per raggiungere tali obiettivi il Collegio si propone di partecipare alla valutazione dell’avanzamento di carriera dei medici, di intervenire per modificare gli attuali meccanismi di valutazione delle strutture sanitarie nazionali e di restituire alla figura del medico la centralità nella gestione delle strutture assistenziali.

Fonte: Ufficio stampa Intermedia