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Medicina di base (Comunicati stampa - 2010-12-01 15:54:29)

Fibrosi cistica che cos'e', la speranza di cura affidata alle nuove molecole in sperimentazione negli USA e Italia

La ricerca passa dal laboratorio al malato sempre piu’ vicini alla meta. Atteso l'intervento del Dott. Luis Galietta, direttore del laboratorio di genetica molecolare, Ospedale Gaslini di Genova domani a Verona al VIII Convention Dei Ricercatori In Fibrosi Cistica.

Fibrosi cistica, una malattia genetica complessa, sulla quale si sta facendo progressivamente luce anche sulle modalità che dovrebbero portare ad una cura risolutiva. La più diffusa tra le malattie genetiche gravi, fino a qualche anno fa definita pediatrica perché la maggior parte dei malati non arrivava all’età adolescenziale, oggi conta molti malati divenuti adulti grazie ai progressi della ricerca, al miglioramento delle cure cliniche e al’estensione pressoché in tutte le regioni, dello screening neonatale.

Ma rimane ancora una malattia inguaribile, dove l’età media dei pazienti si attesta attorno ai 40 anni. Una patologia che in Italia registra quasi tre milioni di portatori sani (la maggior parte dei quali ignari d’esserlo. Il rischio di generare un figlio malato si ha quando entrambi i partner sono portatori sani e vi è una probabilità su 4 che ad ogni gravidanza il figlio nasca affetto da FC) ) causata da un gene difettoso , chiamato gene CFTR, che determina la produzione di muco molto denso e che bersaglia soprattutto organi come polmoni e pancreas.



Per anni orfana di ricerca, ora può contare invece su studi avanzati sia negli Stati Uniti che in Europa. Nel vecchio continente, l’Italia è il Paese che sta giocando un ruolo decisamente importante nella battaglia ingaggiata contro questa malattia “a timer”. E’ possibile infatti parlare di vera e propria via italiana per la cura della FC.

Qui da tredici anni esiste un’istituzione scientifica nata appositamente per promuovere studi mirati (163 finora quelli finanziati): la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica che è stata recentemente insignita del Premio Universo No Profit, per essere riuscita a coniugare solidarietà e alti standard di efficienza organizzativa e gestionale, “dando vita ad articolati programmi di formazione, e ad innovativi progetti di ricerca. Inoltre la FFC si è volontariamente sottoposta alla procedura di valutazione che ne ha sancito la certificazione di aderenza alla Carta della Donazione, quale organizzazione che opera secondo criteri di efficienza, trasparenza, credibilità e onestà. Ed è così entrata a far parte del ristretto numero di realtà italiane riconosciute con queste caratteristiche dall’Istituto Italiano della Donazione (IID).



E a Verona, dove ha sede l’onlus, cofondata e vicepresieduta da Matteo Marzotto della quale è anche testimonial, sta per aprirsi l’VIII Convention dei ricercatori italiani in fibrosi cistica, un appuntamento scientifico di rilevanza internazionale dove si farà il punto sugli ultimi 65 progetti promossi dalla FFC. L’assisse, che si terrà dal 2 al 4 dicembre, nelle aule del centro convegni della Banca Popolare di Verona, in via San Cosimo 10, quest’anno sembra poter parlare finalmente di tempi ravvicinati per la sperimentazione sul paziente di nuove cure.





I riflettori sembrano puntati soprattutto sugli studi che riguardano l’area farmacologica, perché è in quest’ambito che la scienza sembra dare maggiori risultati e prospettive di cura più vicine nel tempo. Grandi aspettative, sia negli Usa che nel nostro Paese, si hanno nei confronti delle molecole in sperimentazione che mirano a colpire la malattia alla radice. Queste ultime hanno lo scopo di riparare la proteina CFTR difettosa per effetto della mutazione genetica. Sono chiamate potenziatori o correttori.

Se negli Stati uniti i ricercatori sembrano a buon punto con la molecola che porta la sigla VX770, sulla quale sta scommettendo un colosso farmaceutico come Vertex, e che, nel giro di pochi anni, potrebbe consentire la messa in produzione di un farmaco capace di contrastare progressione e sintomi della malattia, le ricerche italiane stanno procedendo con una sperimentazione che può rivelarsi un’alternativa originale. Sull’argomento interverrà a Verona il coordinatore del progetto, il dott. Luis Galietta,responsabile del laboratorio di genetica molecolare al Gaslini di Genova.



Il gruppo del Gaslini ha scoperto le diidropiridine e gli ariltiazoli, rispettivamente potenziatori e correttori di CFTR alterata per effetto di DF508, la più frequente delle mutazioni del gene CFTR. Inoltre ha scoperto la proteina TMEM16A, una proteina canale per il trasporto del cloro, “motore di riserva” (oltre alla proteina CFTR) per svolgere tale funzione. Ora gli studi proseguono per definire la funzione delle altre proteine cellulari coinvolte nel meccanismo di salvataggio di CFTR mutata.

E si può ben dire che la ricerca non conosce stop: questo è anche il significato dello studio di nuovi farmaci diretti al “trattamento” delle cosiddette mutazioni stop, quelle che arrestano completamente la sintesi della proteina CFTR. Per queste mutazioni è stato sperimentato solo uno (PTC124) , si tratta anche in questo caso di individuare delle efficaci alternative. Il progetto svolto in collaborazione fra i laboratori di Ferrrara, Bari e Haifa ha l’obiettivo di individuare nuove molecole capaci di di “riavviare” la produzione della proteina normale.


Passare al più presto dal laboratorio al letto del malato, questo è l’obiettivo per il quale è nata la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica, e ora sembra ci siano le condizione perché finalmente l’imperativo dei cofondatori, Vittoriano Faganelli (al quale nei prossimi giorni verrà assegnato l’Ambrogino dal sindaco di Milano, Letizia Moratti proprio per l’importante ruolo avuto nella realizzazione di un’istituzione scientifica come la FFC), Gianni Mastella e Matteo Marzotto.



“Lo scopo è poter accelerare le ricerche destinate a produrre risultati applicabili al malato a breve-medio termine. Si tratta di mettere a frutto la notevole mole di conoscenze teoriche raccolte in questi anni per selezionare le vie che finora hanno dato frutti più maturi. - spiega il prof. Gianni Mastella direttore scientifico della Fondazione. - E realizzare con questi frutti la ricerca translazionale, cioè quella che prende ciò che il laboratorio ha pronto per sperimentarlo nei modelli animali prima e nel malato poi”.

Il campo dell’infiammazione polmonare FC si presta bene a questa strategia: è in quest’area che i progetti finanziati da FFC hanno seminato molto e adesso stanno ottenendo risultati da sfruttare per la sperimentazione clinica. Nei polmoni del malato di fibrosi cistica l’infiammazione è un processo molto precoce (è stato dimostrata la sua esistenza anche in bambini molto piccoli e apparentemente privi di sintomi) e molto pericoloso, perché responsabile del danno del tessuto polmonare. I malati FC non hanno molti farmaci contro l’infiammazione polmonare e i pochi disponibili, il cortisone in particolare, hanno non trascurabili effetti collaterali. I ricercatori che operano presso la Fondazione Humanitas di Milano in collaborazione con il S.Raffaele hanno scoperto la “pentrassina lunga” (PTX3) , la proteina che, prodotta da varie cellule dell’organismo, è una componente essenziale dei meccanismi di difesa contro alcuni batteri (fra cui Pseudomonas aeruginosa). PTX3 è una “proteina acchiappabatteri”: li lega e li rende riconoscibili, facilitando la loro eliminazione da parte dei globuli bianchi. E’ già stata sperimentata su topi FC, e ha dimostrato di ridurre la carica batterica, l’infiammazione e il danno polmonare. Potrebbe essere somministrata come farmaco ai malati per potenziare le difese naturali e impedire che l’infiammazione diventi un processo cronico.

Oltre all’Infiammazione molti progetti FFC hanno riguardato l’Infezione respiratoria e quindi la Microbiologia, alla ricerca di nuovi agenti antibatterici. Fra questi un filone che sembra molto promettente è quello dei “peptidi antimicrobici“. Sono molecole con struttura proteica a catena molto corta, presenti in tutti gli organismi, dalle piante all’uomo. In laboratorio hanno dimostrato spiccata attività antibatterica ad ampio spettro, di qui l’idea di sfruttare quelli prodotti naturalmente dall’organismo umano o di produrne di artificiali. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Siena ha messo a punto un composto chiamato M33, peptide contro l’infezione respiratoria da Pseudomonas, che si è dimostrato efficace in animali da esperimento e che ha la possibilità di entrare nell’ambito delle terapie in FC.

Interessanti risvolti pratici può assumere anche il progetto di ricercatori dell’Università di Verona, che sta allestendo un metodo non invasivo , “a misura di bambino”, per controllare gli effetti dei nuovissimi farmaci correttori o potenziatori della proteina CFTR mutata. Il test valuta il funzionamento della proteina CFTR sui monociti (un tipo di globuli bianchi). Si esegue con un semplice prelievo di sangue e potrebbe sostituire indagini ben più complesse e di difficile esecuzione.

Sperimentato infine con successo il lancio del test per il portatore FC in Sardegna, regione che ha alle spalle una esperienza importante di prevenzione nel campo della talassemia. Pensando ad una prospettiva di estensione graduale dell’esperienza su scala nazionale, certamente non tutte le regioni italiane potranno dire di possedere i requisiti del modello Sardegna: servizio pubblico dedicato, coppie abituate alla consultazione degli esperti in epoca preconcezionale e non a gravidanza avviata, test genetico capace di identificare il 94% dei portatori. Ma l’esperienza sarda dimostra che la strada da percorrere è questa, creare conoscenza diffusa della malattia e promuovere l’offerta di un test del portatore FC molto accurato in servizi pubblici già esistenti e attivi.
Ufficio stampa Clab Comunicazione

Fonte: Fondazione Fibrosi Cistica