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Ortopedia (Comunicati stampa - 2010-10-04 15:48:54)

Italia tra i paesi più a rischio per l’osteoporosi, cosi' dice Saglia

Per le malattie dello scheletro l’Italia è tra i Paesi che rischiano di più, lo denunciano le statistiche europee e la causa è il progressivo invecchiamento della popolazione, dovuto anche alla felice circostanza che in Italia si vive in media più a lungo che altrove.
Lo ha detto il sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia, intervenendo stamani a Brescia al X congresso nazionale della società scientifica Siommms.
In questo particolare settore, ha aggiunto, si eserciterà una particolare azione di governo puntando in particolare sulla prevenzione, sui più opportuni trattamenti clinici e agendo sulla crescente spesa farmaceutica in favore delle più efficaci terapie.
Citando l’Organizzaziome Mondiale della Sanità secondo cui l’osteoporosi è la malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari, il sottosegretario ha fornito una serie di dati italiani aggiornati cominciando da quelli dell’ultimo rapporto ESOPO (Epidemiological Study on the Prevalence of Osteoporosis).
Dunque: il 23% delle donne oltre i 40 anni ed il 14% degli uomini con più di 60 anni è affetto da osteoporosi, mentre il 42% delle donne ed il 34% degli uomini in queste stesse fasce d’età è affetto da osteopenia, quindi a rischio di sviluppare osteoporosi e sue complicanze. Nella vita della donna il rischio di una frattura da osteoporosi è del 40%, contro un 15% dell’uomo.
Delle 90 mila fratture annue registrate negli ospedali, quelle del femore hanno le conseguenze più pesanti: mortalità nel 15-25% dei casi, disabilità motoria per la metà dei pazienti nell’anno successivo alla frattura. Solo il 30-40% riprende autonomamente le attività quotidiane. Problemi analoghi per le fratture vertebrali, spesso spontanee: la loro incidenza è paragonabile a quelle del femore e metà non sono neppure diagnosticate.
Nei prossimi anni, ha aggiunto Saglia, si stima che queste fratture aumenteranno di oltre la metà. I dati in Europa mostrano che il numero di fratture del femore previste nelle donne passerà dalle oltre 300.000 del 2000 a quasi 800.000 nel 2050.
Nel complesso la popolazione oltre i 65 anni assorbe oltre il 55% delle spesa farmaceutica totale e inoltre risulta evidente un aumento dell’uso di farmaci per l’osteoporosi.
In materia di prevenzione l’azione fondamentale è motivare le pazienti a praticare attività fisica e dieta adeguate, a controllare il peso corporeo, abolire il fumo. In proposito Saglia ha ricordato che Ministero della Salute e Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria hanno lanciato azioni di prevenzione mirate, implementate dal programma ‘Guadagnare Salute’.
La prevenzione ed in particolare i provvedimenti non farmacologici (adeguato apporto di calcio e vitamina D, attività fisica) o la eliminazione di fattori di rischio modificabili (fumo, rischi ambientali di cadute) vanno quindi raccomandati come prima scelta.
Quanto al trattamento, deve essere finalizzato alla riduzione del rischio di fratture. L’utilizzo di farmaci come quelli inclusi nella nota 79, ha spiegato Saglia, è sempre associato a potenziali rischi. Il loro utilizzo deve quindi essere riservato ai pazienti a rischio più elevato. La nota 79 è stata di recente ampliata consentendo la possibilità di una prevenzione primaria anche ad altre categorie di pazienti. L’identificazione dei fattori di rischio (storia familiare di fratture vertebrali, artrite reumatoide, fratture pregresse, menopausa prima dei 45 anni di età e terapia corticonica cronica), hanno consentito di allargare la precedente nota 79, pur indicando in maniera precisa gli ambiti terapeutici in cui consentire una prevenzione con tali farmaci.

Fonte: Ufficio stampa Catola & Partners