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Medicina di base (Comunicati stampa - 2010-06-21 18:28:09)

L’inerzia del medico mette a rischio i pazienti con ipertensione

Al Congresso della Società Europea di Ipertensione presentati i dati dello studio SHARE, che rivela aspetti inediti per una gestione clinica più consapevole e mirata del paziente.
I pazienti con ipertensione sono esposti ad un rischio cardiovascolare più elevato, se il medico non agisce tempestivamente per ridurre la pressione arteriosa in linea con i target terapeutici fissati dalle linee guida ESH-ESC (Società Europea di Ipertensione e Società Europea di Cardiologia). È quanto emerge dai risultati dello studio SHARE (Supporting Hypertension Awareness and Research Europe-wide), presentato oggi a Oslo nel corso del 20° Congresso annuale ESH. Lo studio ha preso in esame il vissuto professionale di 2.629 medici di base e specialisti in tutta Europa, da cui risulta che il 76% ritiene che il target pressorio suggerito dalle linee guida ESH-ESC (140/90 mmHg) sia “corretto”, mentre il 5% afferma che l’abbassamento della pressione arteriosa dovrebbe essere molto più “stringente”.

Ciononostante, il 29% dei medici reputa soddisfacenti valori di pressione arteriosa sistolica sopra il target 140 mmHg e il 15% si accontenta di valori di pressione arteriosa diastolica sopra 90 mmHg. Inoltre, in generale, i livelli di pressione che creerebbero preoccupazione sono significativamente più alti rispetto al target delle linee guida (149/92 mmHg) e tali livelli devono raggiungere soglie ancora più alte prima che i medici si sentano spinti ad intervenire aggressivamente (168/100 mmHg).
Lo studio evidenzia, quindi, che il 77% dei medici considera una sfida impegnativa portare i pazienti ai livelli delle linee guida ESH-ESC, anche se esiste una differenziazione significativa fra medici ambulatoriali (82%) e medici ospedalieri (63%).

I medici europei ritengono che mediamente il 47% dei loro pazienti non raggiunge i target di pressione arteriosa ESH-ESC, ma stimano che soltanto il 34% rientri nella categoria di “Challenging Patients”, definito tale dai ricercatori SHARE ogni paziente che non raggiunge livelli di pressione arteriosa almeno di 140/90 mmHg. Questi dati suggeriscono che più del 10% dei pazienti fuori dai limiti ESH-ESC non viene trattato in maniera sufficientemente aggressiva oppure che il numero dei “Challenging Patients” viene sottostimato dai medici.
Secondo Josep Redon, primario del reparto di Medicina Interna e dell’unità d’Ipertensione del Policlinico universitario di Valencia, nonché co-direttore dello studio SHARE, “il rischio associato a pressione arteriosa alta è ben documentato e qualsiasi paziente con pressione superiore a 140/90 mmHg necessita di trattamento clinico costante per arrivare a raggiungere il target e ridurre il rischio cardiovascolare. Sottostimando il numero dei Challenging Patients, i medici non riescono a riconoscere la reale portata del peso sanitario ed economico associato a questa tipologia di pazienti”.

In Europa, i livelli di controllo della pressione arteriosa tra i pazienti ipertesi sotto trattamento varia approssimativamente tra il 30 e il 50%. L’ipertensione rimane la principale causa di mortalità e morbilità e la terza causa di disabilità in tutto il mondo. Nel solo 2001 7,6 milioni di persone sono morte prematuramente e quasi un quinto di tutte le disabilità corrette per l’aspettativa di vita (DALYs) in Europa viene attribuito agli effetti a lungo termine dell’ipertensione. Oltre al costo umano, il mancato controllo dell’ipertensione comporta un costo economico rilevante, pari a oltre 190mld di euro all’anno.

Lo studio SHARE
Lo studio SHARE è nato in risposta al Libro Bianco del Journal of Hypertension, il quale evidenziava una serie di ostacoli che impediscono ai pazienti ipertesi di raggiungere i target raccomandati di pressione arteriosa. Il Libro Bianco forniva anche una serie di raccomandazioni sulla necessità di accrescere la consapevolezza sui pericoli di un mancato controllo dell’ipertensione e sulla necessità di semplificare il trattamento.

Il Comitato Scientifico di SHARE ha sviluppato un questionario di 45 domande, che è stato sottoposto a 2.629 medici di base e specialisti con pazienti affetti da ipertensione. L’obiettivo dello studio è stato quello di arrivare ad una maggiore comprensione delle sfide quotidiane che i medici devono fronteggiare per portare i propri pazienti al raggiungimento dei target di pressione arteriosa, in modo da sviluppare soluzioni semplici ed efficaci e condividere best practice e azioni concrete attraverso una serie di workshop organizzati nell’ambito dello stesso studio.

Il Comitato Scientifico di SHARE ha coniato il termine di “Challenging Patient”, riferito a quel gruppo numeroso ma ancora poco riconosciuto di pazienti che non raggiungono i target minimi di 140/90mmHg. Il “Challenging Patient” è esposto ad un rischio cardiovascolare più elevato e ad un costo economico maggiore rispetto al paziente la cui pressione è tenuta sotto controllo.

Fonte: Ketchum - Ufficio stampa