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Medicina di base (Comunicati stampa - 2008-02-22 09:15:45)

Alimentazione e stili di vita corretti per un controllo non farmacologico dei livelli di colesterolo nel sangue

L’attenzione ai livelli di colesterolo nel sangue, ed al loro controllo, è nettamente aumentata negli ultimi anni. Il numero di soggetti i cui valori della colesterolemia devono essere considerati elevati, o comunque non ottimali, è sensibilmente cresciuto sulla base delle indicazioni delle più recenti linee-guida internazionali, che hanno anche fissato “valori obiettivo” per la colesterolemia stessa più bassi di quelli precedentemente suggeriti, specie per i pazienti a rischio cardiovascolare elevato. Alla luce di queste considerazioni, i valori della colesterolemia rilevati nella popolazione italiana sono motivo di preoccupazione, e necessitano di interventi di correzione capillari ed efficaci. Per facilitare gli interventi di questa natura, NFI, Nutrition Foundation of Italy - Centro Studi dell’Alimentazione, ha messo a punto, con la collaborazione dei principali esperti nazionali, delle Società Scientifiche e delle Istituzioni, un Consensus Document dedicato al Controllo non farmacologico dei livelli di colesterolo nel sangue. Il documento esamina le strategie più utili per ottenere questo risultato attraverso un’adeguata alimentazione ed un miglioramento dello stile di vita.

Milano, 21 febbraio 2008 – Riequilibrare l’apporto dei diversi acidi grassi alimentari, integrare la dieta giornaliera con fibre, carboidrati complessi a basso indice glicemico, impiegando quando opportuno alimenti arricchiti in fitosteroli o proteine di soia, praticare una regolare attività fisica: sono questi gli elementi che possono contribuire ad un efficace controllo non farmacologico dei livelli di colesterolo nel sangue, aiutando così a prevenire gravi patologie, in particolare cardiovascolari.

Sono queste le conclusioni del documento di consenso “Controllo non farmacologico dei livelli del colesterolo nel sangue” che NFI – Nutrition Foundation of Italy ha coordinato raccogliendo e valutando criticamente le evidenze emerse negli anni da una serie di studi e ricerche scientifiche sulla relazione tra alimentazione, stile di vita e valori della colesterolemia. Il documento, realizzato con la collaborazione dei principali esperti nazionali, espressione sia delle società scientifiche che delle istituzioni, rappresenta la più aggiornata proposta della Comunità Scientifica italiana su questo tema di grande importanza preventiva.

L’importanza del controllo non farmacologico dei livelli di colesterolo nel sangue ha infatti assunto negli ultimi anni un valore ed un’importanza crescenti.

L’allungamento della speranza di vita sta continuando, nel nostro Paese, al ritmo di un anno di vita guadagnato ogni 4-5 anni; la speranza di vita alla nascita ha raggiunto per le donne gli 84 anni ed i 79 per gli uomini. Tuttavia l’invecchiamento della popolazione si associa anche, con frequenza crescente, alla comparsa di malattie cronico-degenerative, come l’aterosclerosi, contro le quali siamo “poco attrezzati” sul piano biologico, e che rappresentano, sul piano sanitario e sociale, la principale fonte di perdita di qualità della vita e di impiego di risorse. La prevenzione, attraverso il controllo dei fattori di rischio che facilitano la comparsa di queste malattie, è certamente l’approccio più fruttuoso per modificare favorevolmente questa situazione. In uno scenario di lunga vita media, gli alimenti assumono quindi un’importanza particolare nella ricerca e nel mantenimento di uno stato di benessere e di salute.





Un recente studio epidemiologico condotto dal Servizio di Epidemiologia Preventiva del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Generale, su un campione di oltre 5.800 uomini e donne di età compresa tra i 40 e i 79 anni – rappresentativo della popolazione italiana – ha evidenziato come la presenza di una colesterolemia elevata sia oggi un fenomeno assai diffuso, legato principalmente ad un’alimentazione scorretta e ad uno stile di vita sedentario. Basti pensare che mediamente i valori medi della colesterolemia totale sono pari a 205 mg/dL nella popolazione tra i 40 e i 79 anni, e sono ulteriormente maggiori, per esempio, tra le donne oltre i 60 anni di età.
Nonostante i farmaci destinati alle patologie cardiovascolari rappresentino da soli la metà delle prescrizioni rilevate (il 51,2% nel Rapporto OSMED 2006), inoltre, le condizioni che contribuiscono ad aumentare il rischio cardiovascolare non sono adeguatamente trattate: solo il 55% dei pazienti con ipercolesterolemia, il 69% degli ipertesi (71% nel Rapporto OSMED 2006) e il 51% dei diabetici (85% dai dati americani del National Health Interview Survey) sono in terapia. Nel nostro Paese, solo il 43% dei soggetti che hanno avuto episodi d’infarto o angina pectoris, ed il 27% di quelli con una storia di ictus ischemico assume statine per controllare il proprio tasso di colesterolo.
A questo si aggiunga uno stile di vita non adeguato: il 79,6% del campione, per esempio, non svolge attività fisica.

In questa situazione, gli interventi che possono evitare l’uso di farmaci specifici (o potenziarne l’efficacia, consentendo di ridurne i dosaggi e quindi gli effetti collaterali ed i costi) sono estremamente importanti. Anche perché non è evidentemente pensabile di sottoporre a trattamenti farmacologici permanenti le decine di milioni di italiani che hanno valori non ottimali della colesterolemia. La conoscenza degli aspetti della nutrizione che influenzano in modo significativo la colesterolemia stessa, ed in particolare la sua frazione più pericolosa (la colesterolemia LDL), e la frazione invece con efficacia protettiva (la colesterolemia HDL) diviene, quindi, di grande importanza e valore.

In Italia, per esempio, l’apporto lipidico totale è pari al 30-35% delle calorie totali, ed è quindi nel range adeguato per favorire il controllo della colesterolemia totale ed LDL nella popolazione del nostro Paese. Tuttavia, mediamente, l’apporto di grassi saturi si aggira intorno al 10%, mentre non dovrebbe superare il 7%; al contrario, il consumo degli acidi grassi polinsaturi è inferiore alla quota calorica consigliata, pari al 3-6%. Lo stesso succede per i grassi monoinsaturi, come l’acido oleico, in grado anch’esso di contribuire alla riduzione della colesterolemia. Il problema principale, nella nostra popolazione, è quindi la scelta dei grassi alimentari.

Le informazioni più recenti hanno invece un po’ ridimensionato il ruolo della restrizione del colesterolo alimentare nel controllo della colesterolemia. Anche se probabilmente rimane opportuno cercare di non superare un apporto giornaliero di 300 mg/die di colesterolo, non è probabilmente saggio limitare drasticamente o proscrivere l’uso di alimenti che ne sono ricchi e hanno significative valenze nutrizionali, come le uova: il colesterolo alimentare, infatti, correla abbastanza poco con il tasso di colesterolo nel sangue, che è il vero determinante del rischio.

Anche carboidrati e fibre possono avere effetti positivi nel controllo della colesterolemia: 60 studi clinici hanno dimostrato che sostituendo in modo isocalorico i grassi (siano essi saturi o insaturi) con carboidrati a basso Indice Glicemico si assiste ad un aumento della colesterolemia HDL, che come è noto ha un’azione protettiva antiaterogena. La fibra, al contrario, aumenta l’efficacia della dieta nei riguardi del colesterolo “cattivo” LDL.

“Il controllo della colesterolemia può essere raggiunto in larga parte della popolazione mediante interventi dietetici appropriati; in questo contesto, tuttavia, ‘integrazioni’ ben studiate possono svolgere un ruolo aggiuntivo di grande importanza. Una corretta informazione del pubblico e degli operatori sanitari è pertanto necessaria perché le potenzialità di una corretta alimentazione sulla colesterolemia possano essere implementate nella pratica – afferma Andrea Poli, direttore scientifico di NFI, Centro Studi dell’Alimentazione - Se i livelli di colesterolo eccedono di poco la soglia di 200 mg/dL (o comunque il valore obiettivo della colesterolemia appropriato per il profilo di rischio di una persona), non è in genere necessario un intervento farmacologico, perché la riduzione desiderata della colesterolemia stessa può essere ottenuta mediante un’alimentazione adeguata. L’integrazione nella dieta di prodotti che contengono almeno 2 grammi di fitosteroli potenzia questo effetto, riducendo il colesterolo totale e LDL di un ulteriore 10%, senza effetti significativi sulla colesterolemia HDL e sulla trigliceridemia”.

Il Consensus Document, in pubblicazione sulla rivista scientifica Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Disease, si pone quindi l’obiettivo di fornire a chiunque sia interessato ad interventi di questa natura, ma specialmente al medico che svolge attività clinica e che è quindi necessariamente coinvolto in un’attività di prevenzione cardiovascolare, uno strumento di supporto aggiornato e attuale, le cui indicazioni e conclusioni sono basate sulle evidenze scientifiche oggi disponibili.

Fonte: Ufficio Stampa NFI – Nutrition Foundation of Italy