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Medicina di base (Comunicati stampa - 2007-12-18 10:15:45)

Diabete mellito di tipo 2 e complicanze cardiovascolari

Obiettivo: Prevenire le complicanze cardiovascolari, infarto del miocardio e ictus cerebrale che causano la morte dell’80% dei diabetici.
Al mondo soffrono di diabete 240 milioni di persone, pari al 6% della popolazione adulta. In Italia sono oltre 3 milioni: più colpite le donne e le regioni del sud come Sicilia e Campania.
Un percorso approfondito per conoscere più da vicino epidemiologia, manifestazioni
e cause di una delle malattie più diffuse a livello mondiale.
Uno sguardo sugli approcci terapeutici disponibili: l’algoritmo di trattamento
e l’approccio globale per il controllo del diabete e la prevenzione delle complicanze cardiovascolari.

Obiettivo della terapia: prevenire le complicanze cardiovascolari, infarto del miocardio e ictus cerebrale che causano la morte dell’80% dei diabetici.




1. IL DIABETE: UN’EPIDEMIA GLOBALE?

Quando si parla di diabete si affronta un argomento di grande interesse, che riguarda personalmente milioni di persone in tutto il mondo, tanto da portare molti a definirla l’epidemia diabete. Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione delle Nazioni Unite più di 240 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di diabete, ossia circa il 6% della popolazione mondiale adulta.
Questo numero è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi anni, si stima infatti che nel 2025 i malati raggiungeranno la cifra di 380 milioni, e l’80% dei casi si verificherà nei Paesi a medio e basso reddito.

Ogni anno nel mondo 7 milioni di persone sviluppano una forma di diabete
Il diabete colpisce indistintamente i Paesi a reddito alto e i Paesi in via di sviluppo (vedi Fig. 1). Questa malattia, inoltre, si presenta in misura uguale tra uomini e donne in una fascia d’età tra i 20 e i 79 anni. In passato, soprattutto nel caso del diabete di tipo 2, il diabete veniva associato nell’immaginario collettivo a pazienti esclusivamente adulti. Oggi invece si registra un forte incremento della casistica anche tra le persone giovani, al di sotto dei 40 anni.

2. COS’È E COME SI MANIFESTA

Il diabete è una malattia metabolica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia). La persona affetta da diabete non è in grado di utilizzare lo zucchero (glucosio) necessario alle sue funzioni vitali perché il suo organismo non riesce parzialmente o totalmente a produrre e/o a far funzionare l’ormone insulina.
Il diabete si manifesta in diverse forme, comunemente quando si parla di diabete ci si riferisce al diabete mellito, caratterizzato da una grande quantità di zucchero nelle urine.

Il diabete insipido
Esiste però anche una forma di malattia, il diabete insipido - meno diffuso e noto - che ha in comune con le altre manifestazioni del diabete solo l’abbondanza delle urine che però, nel caso del diabete insipido, non contengono glucosio.

Il diabete mellito di tipo 1
Il diabete mellito di tipo 1, definito “insulino dipendente”, è una patologia autoimmune che provoca la distruzione delle cellule responsabili della produzione d’insulina (l’ormone prodotto dal pancreas che porta nelle cellule lo zucchero presente nel sangue). Per sopperire alla carenza insulinica i malati di diabete di tipo 1 devono assumere quotidianamente questo ormone. Il diabete di tipo 1 colpisce circa il 10% dei malati di diabete, si manifesta prevalentemente in età giovanile e può insorgere fino ai 40 anni di età.

Il diabete mellito di tipo 2
Il diabete mellito di tipo 2, definito “non insulino dipendente”, è dovuto ad un difetto metabolico dell’organismo la cui causa è tutt’ora sconosciuta. Nella persona affetta da diabete di tipo 2 l’organismo non riesce ad utilizzare correttamente l’insulina che, a differenza di quanto avviene nel diabete di tipo 1, viene normalmente prodotta dal pancreas.
Questa forma di diabete è quella dall’impatto più alto: infatti il 90% della popolazione diabetica mondiale soffre di diabete di tipo 2. Solo nel nostro paese si registrano ogni anno 150.000 nuovi casi di diabete di tipo 2.

L’importanza di una diagnosi precoce
Il decorso del diabete di tipo 2 è molto lento e spesso le prime fasi sono asintomatiche. Si stima che in Italia circa un terzo dei malati non sappia di avere il diabete; d’altro canto in molti pazienti i sintomi di iperglicemia e glicosuria non compaiono mai. È quindi fondamentale una diagnosi precoce per iniziare da subito una cura corretta, così come è importante diffondere tra i pazienti le informazioni necessarie a riconoscere da sé i primi sintomi della malattia.

La sintomatologia: i segni per riconoscere il diabete
Quando si verifica il difetto metabolico alla base del diabete si presentano alcuni sintomi utili a riconoscere l’insorgenza della malattia tra cui:

- Sete eccessiva
- Eccessiva diuresi
- Eccessiva fame
- Perdita di peso nonostante l’alimentazione sia normale o addirittura aumentata
- Affaticamento, stanchezza
- Visione sfuocata, offuscata
- Glicemia alta
- Zucchero e chetoni nelle urine
- Infezione da miceti vaginali nelle giovani (anche nella prima infanzia)
“La sete eccessiva, un continuo stimolo a urinare ed una perdita di peso possono essere considerati i campanelli d’allarme del diabete di tipo 1” - dichiara il Prof. Paolo Brunetti, Ordinario di Medicina Interna, Università di Perugia - ”e questi segnali dovrebbero spingere una persona a recarsi dal proprio medico per il controllo dei livelli di glicemia”. “La stessa sintomatologia - continua Brunetti - si può presentare nel diabete di tipo 2, anche se ciò accade più raramente. Il diabete di tipo 2 è per sua natura subdolo, spesso asintomatico o con una sintomatologia non specifica e quindi più difficile da riconoscere”. “Può capitare che un paziente si accorga di avere il diabete di tipo 2 solo dopo che si è verificata una complicanza di questa malattia, ad esempio dopo aver già avuto un infarto, un ictus o qualche problema di circolazione agli arti inferiori”, conclude Brunetti.
Nei casi in cui il diabete di tipo 2 viene diagnosticato solo dopo tanti anni - la fase asintomatica può durare fino a 7 anni - c’è il rischio che siano già presenti diverse complicanze della malattia. È verosimile, quindi, che una diagnosi tempestiva consenta di ridurre il rischio di complicanze.
“È necessario inserire l’accertamento diagnostico tra gli strumenti di controllo e prevenzione del diabete di tipo 2. Si tratta di un semplice esame per controllare i livelli di glicemia nel sangue che, a digiuno, in condizioni normali, devono essere inferiori a 100 mg/dl. La diagnosi di diabete è invece certa con valori di glicemia a digiuno superiori a 125 mg/dl. Valori compresi fra 100 e 125 mg non sono ancora diagnostici di diabete ma ne lasciano intravedere una possibile futura insorgenza”, afferma il Prof. Brunetti. “Lo screening del diabete di tipo 2, che dopo i 40 anni dovrebbe essere fatto da tutti periodicamente, è fondamentale per i soggetti a rischio che devono controllare annualmente i livelli di glicemia”, conclude Brunetti.
Pertanto, appena si ha il sospetto di soffrire di diabete bisogna recarsi dal proprio medico curante per le indagini preliminari. Se gli esami consigliati dal medico risultassero positivi è necessario recarsi in un centro di diabetologia specializzato dove vengono date le prime indicazioni per un corretto approccio alla malattia.
Le cause
I fattori di rischio più influenti sull’insorgenza del diabete sono la familiarità, lo stile di vita, il peso corporeo e la sedentarietà.
I soggetti che hanno il maggiore rischio di diventare diabetici:

- hanno più di 45 anni
- sono figli o fratelli di diabetici
- sono in sovrappeso o sedentari
- soffrono di ipertensione o di alterazioni del metabolismo dei grassi

Anche il diabete “transitorio” sviluppato dalle donne durante la gravidanza o l’aver avuto figli che alla nascita pesavano più di 4 kg rappresentano un ulteriore fattore di rischio per la popolazione femminile.


L’importanza dello stile di vita
Il primo passo da fare per curare il diabete consiste nell’adottare delle buone abitudini: la terapia del diabete di tipo 2, infatti, coincide per larga parte con i principi di una vita sana.

“Lo stile di vita è fondamentale nella prevenzione e nella cura del diabete di tipo 2” afferma il Prof. Brunetti. “I primi nemici da combattere sono sovrappeso e obesità, specialmente quella caratterizzata dall’accumularsi di tessuto adiposo nella zona addominale o viscerale”.

Per ridurre il peso corporeo, quindi, vanno adottate alcune semplici buone abitudini. “Basta una passeggiata a passo rapido di 45 minuti almeno 5 giorni la settimana per aiutare l’organismo a funzionare meglio” continua Brunetti. “Il movimento fisico infatti facilita di per sé l’utilizzazione del glucosio e riduce pertanto il fabbisogno di insulina”.

Grande attenzione va prestata anche al controllo dell’alimentazione. “L’apporto calorico deve essere tale da far conseguire o mantenere il peso corporeo ideale. E’ necessario inoltre ridurre il contenuto di grassi e di zuccheri semplici della dieta. Sì invece a fibre e cereali, da assumere quotidianamente. E’ consentito un bicchiere di vino ai pasti”, conclude Brunetti.

3. IL DIABETE DI TIPO 2 IN ITALIA: EPIDEMIOLOGIA

In Italia il diabete colpisce circa il 3% della popolazione generale, ciò vuol dire che nel nostro paese ci sono più di 3 milioni di pazienti diabetici diagnosticati, senza contare i malati non diagnosticati che si stima siano circa 1 milione.

“Negli ultimi anni” - dichiara il Prof. Brunetti - “stiamo assistendo anche in Italia ad un fenomeno presente da molti anni all’estero e in particolare negli USA, ossia l’insorgenza del diabete tra gli adolescenti e addirittura tra i bambini”. “Questo fenomeno è da collegare all’aumento di sovrappeso e obesità in queste fasce della popolazione”, conclude Brunetti.

“Nel nostro paese” - afferma il Prof. Antonio Ceriello, Professore di Endocrinologia all’Università di Udine e Professor of Diabetes and Endocrinology, Warwick University, UK - “c’è una distribuzione uniforme del diabete di tipo 2 nelle diverse regioni”. “Va invece segnalata un’incidenza maggiore di questa patologia tra le donne. Ciò accade perché di solito il diabete di tipo 2 colpisce dopo i 45/50 anni, fase della vita in cui le donne sono maggiormente soggette ad alterazioni del metabolismo dovute alla menopausa”, continua Ceriello. “Nelle donne c’è anche una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari dovuti al cambiamento dell’assetto ormonale in seguito alla menopausa”, conclude Ceriello.

Il diabete è una patologia che ha un forte impatto anche sul tasso di mortalità del nostro paese. Secondo i dati riportati nell’ultimo Rapporto Istat “Stime preliminari della mortalità per causa nelle regioni italiane - Anno 2004”, nel 2004 il diabete mellito ha causato 16.826 decessi, il 3,1% sul totale delle cause di decesso in Italia. Di questi, ben 9.632 casi riguardano le donne, proprio perché più soggette all’insorgenza della malattia. È da notare, in particolare, che il diabete è tra le patologie di più forte impatto sulla popolazione italiana, immediatamente dopo le morti per tumori maligni (30,5%), e altre forme tumorali.
Sempre secondo il rapporto Istat, ad essere più colpite sono le regioni del sud: la Sicilia registra il maggior numero di decessi causati dal diabete mellito nel 2004 (2280), seguita da Campania (2198), Lombardia (1752), Lazio (1569) e Puglia (1432).

4. LE OPZIONI TERAPEUTICHE

“Nei soggetti affetti da diabete di tipo 2 nei quali il solo intervento sullo stile di vita sia fallito o non sia applicabile, va presa da subito in considerazione la terapia farmacologica” afferma il Prof. Brunetti. “Il farmaco di prima scelta è la metformina che presenta buone caratteristiche: è mediamente ben tollerata e consente di raggiungere rapidamente il risultato atteso del controllo glicemico, anche se nel 15-20% dei pazienti si verificano forme di intolleranza gastrointestinale”.

Anche i Tiazolidinedioni (TZD) o glitazoni sono farmaci antidiabetici orali utilizzati frequentemente nelle prime fasi delle terapia. Il meccanismo d’azione dei TZD è abbastanza complesso: contrastano il meccanismo che dall’obesità conduce al diabete di tipo 2, agendo così all’origine della patogenesi del diabete di tipo 2 per impedirne l’insorgenza.

“Tra i TZD, pioglitazone ha dimostrato un’efficacia di prevenzione degli eventi cardiovascolari, infarto del miocardio ed ictus cerebrale in particolare, il che rappresenta tutto sommato il vero obiettivo della terapia del diabete di tipo 2” - continua Brunetti - “Questa forma di diabete infatti è temibile non solo per la sua incidenza ma soprattutto perché è il fattore di rischio peggiore per comorbidità cardiovascolari e per mortalità causata da patologie cardiovascolari”.

Pioglitazone sembra agire mediante l’attivazione di specifici recettori nel nucleo (recettore gamma attivato di proliferazione dei perossisomi) che porta ad un aumento della sensibilità insulinica nel fegato, nel tessuto adiposo e nelle cellule muscolo-scheletriche. “Lo studio PROactive ha dimostrato che pioglitazone ha anche un effetto di forte prevenzione dell’incidenza di morte cardiovascolare, infarto del miocardio, ictus, sindrome coronarica acuta”- dichiara Brunetti.
L’algoritmo terapeutico
Nell’algoritmo terapeutico del diabete di tipo 2 (ossia l’insieme di cure volte a migliorare il quadro clinico del paziente) è possibile individuare una sequenza di fasi di trattamento. “L’algoritmo della terapia del diabete di tipo 2” - spiega il Prof. Paolo Brunetti - “prevede, quindi, in primo luogo uno stile di vita corretto associato alla somministrazione di metformina e, in associazione o in alternativa a questa, pioglitazone che deve essere considerato un farmaco di prima linea per la cura del diabete di tipo 2, sullo stesso piano della metformina”. “Se questo livello di terapia non si dimostra sufficiente per il controllo glicemico” - continua Brunetti - “si deve passare ad un livello superiore, utilizzando le sulfoniluree, farmaci che agiscono stimolando il pancreas a produrre più insulina o, in alternativa, la stessa insulina, utilizzando preparazioni ad azione rapida e/o ritardata”.
Al di là di questo livello si utilizza l’insulina, da sola o in associazione con metformina e pioglitazone, per ottenere l’effetto desiderato di controllo glicemico.

“Queste fasi di terapia si devono succedere in tempi molto rapidi: non possiamo attendere tanto prima di cambiare modello di terapia. Il nostro obiettivo terapeutico è di avere dei livelli glicemici quasi normali per eliminare il rischio cardiovascolare nel paziente diabetico”, afferma il Prof. Brunetti. “Per capire se la terapia è o meno adeguata, i pazienti devono essere addestrati ad eseguire l’automonitoraggio domiciliare della glicemia e a controllare periodicamente – ogni tre mesi - il valore dell’emoglobina glicata, un parametro che esprime la glicemia media degli ultimi due mesi e che non deve superare il 7%”, conclude Brunetti.

Il diabete attualmente non è una malattia curabile in modo definitivo, anche se la ricerca nel campo sta andando avanti, portando a costanti miglioramenti nella cura di questa malattia.

Comorbidità e complicanze cardiovascolari del diabete mellito di tipo 2
“Le più serie complicanze del diabete di tipo 2 sono le malattie cardiovascolari” afferma il Prof. Ceriello. “Circa l’80% dei pazienti diabetici infatti muore per una complicanza cardiovascolare, ossia per un infarto del miocardio o un ictus cerebrale”.
“Il controllo glicemico è importante anche per controllare le complicanze cardiovascolari”- continua il Prof. Ceriello - “La progressione di queste complicanze però è causata anche da altri fattori come ad esempio l’infiammazione e lo stress ossidativo che nei pazienti diabetici favoriscono lo sviluppo dell’aterosclerosi”.

L’approccio globale, per affrontare il diabete a 360°
Recentemente si è iniziato a parlare di “approccio globale” alla malattia. Con questa espressione si indica un insieme di terapie che mirano a controllare non solo l’iperglicemia, cioè la manifestazione principale del diabete, ma anche l’ipertensione e le dislipidemie.
“I soggetti diabetici sono spesso anche ipertesi, hanno problemi di iperlipidemia, sono soggetti a patologie cardiovascolari (quindi trombosi, attacchi ischemici, ecc)”, dichiara il Prof. Paolo Brunetti. “È chiaro quindi che quando si fa diagnosi di diabete ci si deve accertare anche della presenza di altre patologie in modo da iniziare la terapia migliore. In questi casi, infatti, non si tratta soltanto di tenere sotto controllo i valori della glicemia, ma bisogna monitorare altri aspetti e scegliere dei farmaci appropriati per ciascuna patologia”. “In questo nuovo approccio globale alla terapia del diabete di tipo 2 i TZD, e pioglitazone in particolare, rappresentano un importante aiuto per il diabetologo” - continua Brunetti - “Infatti, oltre ad essere farmaci ipoglicemizzanti hanno anche la proprietà di aumentare il colesterolo HDL (il colesterolo buono) ridotto abitualmente nei pazienti diabetici e non facilmente influenzato da altre terapie”.

Gli effetti pleiotropici di pioglitazone
“Farmaci come pioglitazone hanno dimostrato di avere un doppio effetto” - dichiara il Prof. Ceriello - “Vale a dire che pioglitazone da un lato riduce la glicemia, quindi il motivo per cui il malato è diabetico, dall’altro riduce l’infiammazione e lo stress ossidativo esercitando quindi un’azione di prevenzione cardiovascolare”. “È possibile parlare quindi di effetti pleiotropici di pioglitazone, che si hanno quando un farmaco al di là dell’effetto noto (in questo caso l’azione ipoglicemizzante), ha anche azioni non strettamente legate a quella principale, come accade per la riduzione dell’infiammazione e dello stress ossidativo provocati da pioglitazone”, conclude Ceriello.

Le dichiarazioni dell’FDA (Food and Drug Administration) e dell’EMEA (Agenzia Europea del Farmaco) sui rischi cardiovascolari dei TZD hanno confermato la sicurezza di pioglitazone. La recente dichiarazione della FDA (14 novembre 2007) ha evidenziato le differenze fra i diversi tiazolidinedioni (TZD) in termini di possibile rischio cardiovascolare.
Anche il Comitato dei Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMEA ha confermato lo scorso ottobre il rapporto positivo rischio-beneficio per pioglitazone e ha concluso che i benefici del trattamento del diabete di tipo 2 con pioglitazone superano i rischi. Non è stato considerato necessario modificare le informazioni sul prodotto per la prescrizione (Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto o RCP) di pioglitazone. Il CHMP ha recentemente incluso nel RCP delle informazioni sullo studio PROactive; in particolare il RCP riporta la seguente dichiarazione sulla sicurezza cardiovascolare di pioglitazone: “Sebbene lo studio non abbia raggiunto il suo endpoint primario, che era un endpoint composito di mortalità per tutte le cause, infarto non fatale del miocardio, ictus, sindrome coronarica acuta, amputazione maggiore della gamba, rivascolarizzazione coronarica della gamba, i risultati suggeriscono che non ci sono problemi cardiovascolari a lungo termine con l’uso di pioglitazone”.

5. L’IMPATTO ECONOMICO DEL DIABETE

L’impatto sociale ed economico del diabete è molto alto, certamente maggiore rispetto a quanto la maggior parte di noi può immaginare.
I costi sostenuti a livello mondiale per la prevenzione e la cura del diabete e delle sue complicanze ammontano a centinaia di miliardi di dollari ogni anno.

Il totale complessivo delle spese sostenute in un anno in Italia per la cura del diabete ammonta a 5.500 milioni di euro, ossia il 6.6% dell’intera spesa sanitaria nazionale. Questo dato diventa ancora più significativo se si considera che comprende solo i costi direttamente sostenuti per la cura del diabete, sono invece esclusi invece i costi indiretti, ovvero quelli sostenuti dai malati e dalle loro famiglie per la gestione della malattia (ore di lavoro perse, assistenza ecc). Questi costi aumentano 3 o 4 volte in presenza di complicanze cardiovascolari o di complicanze microvascolari e possono addirittura quintuplicare in presenza di entrambe le tipologie di complicanze.

Inoltre, i costi che le famiglie devono sostenere per tutta la vita quando si ammala un componente incidono pesantemente sull’economia sociale in senso più ampio. Vi è infatti una perdita legata alle ore lavorative perse e al parallelo incremento dei costi per le spese sanitarie, senza contare l’impatto complessivo che la malattia ha sulla qualità di vita del singolo individuo affetto da diabete e, a cascata, l’impatto sulla qualità di vita del nucleo familiare e della società di riferimento.




Informazioni relative a Takeda in Europa
Takeda Pharmaceutical Europe Ltd. con sede a Londra, supervisiona tutte le attività delle consociate Takeda in Europa attraverso la gestione di strategie a livello pan-europeo.

Takeda Global Reasearch & Development Center Inc. con sedi a Deerfield, Illinois, USA e Londra è una consociata di proprietà di Takeda Pharmaceutical Company Limited ed è responsabile della ricerca clinica e dello sviluppo Takeda negli Stati Uniti e in Europa.

Takeda Pharmaceutical Company Limited, con sede a Osaka, Giappone, è una società globale incentrata sulla ricerca, con particolare attenzione in ambito farmaceutico. Takeda, la più grande azienda farmaceutica giapponese e uno dei leader globali nel settore, è impegnata nel miglioramento della salute delle persone e nel progresso della medicina attraverso lo sviluppo di prodotti farmaceutici di eccellenza. Ulteriori informazioni su Takeda sono disponibili sul sito web della società all’indirizzo www.takeda.com.


ABSTRACT

“Pioglitazone and risk of cardiovascular events in patients with type 2 diabetes mellitus”
(Pioglitazone e il rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2)

Autori
A. Michael Lincoff, MD et al.
Department of Cardiovascular Medicine, Cleveland Clinic, Cleveland, Ohio


Premessa
Pioglitazone è ampiamente utilizzato per il controllo glicemico nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, Tuttavia, le evidenze in merito all’effetto di classe dei taziolidinedioni sugli outcome cardiovascolari sono contrastanti.
I tiazolidinedioni sono antagonisti dei recettori nucleari PPAR-g (Peroxisomal Proliferator Activated Receptor g) che regolano la trascrizione di una serie di geni che codificano le proteine coinvolte nell’omeostasi del glucosio e nel metabolismo dei lipidi. I tiazolidinedioni sono utilizzati per il trattamento dei pazienti con diabete di tipo 2 in virtù della loro efficacia nel controllo glicemico.

Obiettivo della metanalisi
- Effettuare una valutazione sistematica dell’effetto di pioglitazone sugli eventi cardiovascolari ischemici.


Metodologia
Un database contenente i dati relativi al tempo alla comparsa di un evento raccolti per ogni paziente nell’ambito degli studi clinici con pioglitazone è stato trasferito da Takeda alla Cleveland Clinic Cardiovascular Coordinating Center, un’organizzazione accademica di ricerca di Cleveland, per un’analisi indipendente. Sono stati inclusi studi randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo o confronto attivo.
Sono stati analizzati tutti gli studi per i quali erano disponibili i dati definitivi nel database di Takeda per lo sviluppo clinico di pioglitazone.
Complessivamente, 19 studi che hanno arruolato 16.390 pazienti soddisfacevano questi criteri e sono stati la base di questa analisi.


Pioglitazone in monoterapia è stato confrontato con placebo in 3 studi minori (865 pazienti coinvolti), con sulfonilurea in 6 studi (5125 pazienti), con metformina in 1 studio (1164 pazienti) e con rosiglitazone in 1 studio (735 pazienti). Pioglitazone è stato testato in combinazione con una sulfonilurea, insulina o metformina in 8 studi (8501 pazienti). La maggior parte dei dati inseriti in questa metanalisi provenivano dallo studio PROactive.

L’obiettivo primario composito della metanalisi era: decesso per tutte le cause, infarto del miocardio non fatale o ictus non fatale. E’ stato fissato come obiettivo secondario l’insufficienza cardiaca grave.
Figura 2. Gruppi di confronto della Metananalisi


Risultati
L’endpoint primario di decesso, infarto del miocardio non fatale o ictus non fatale, si è verificato in 375 casi su 8554 pazienti (4.4%) in terapia con pioglitazione e in 450 su 7836 pazienti (5.7%) trattati con terapia di controllo. Il composito di decesso o insufficienza cardiaca grave non è risultato significativamente aumentato tra i pazienti che ricevevano pioglitazone.

Questa metanalisi ha dimostrato che, in una popolazione di pazienti affetti da diabete, la terapia con pioglitazone è associata ad un rischio di morte, infarto del miocardio o ictus, significativamente inferiore . La grandezza e la direzione di questo effetto protettivo di pioglitazone è stato omogeneo in studi di diversa durata (dai 4 mesi ai 3 anni e mezzo) e in studi che usavano diverse terapie di controllo o contemporanee per il diabete, così come in studi su pazienti con o senza pregressi eventi cardiovascolari .



KEY POINTS
- pioglitazone è associato ad una significativa riduzione del rischio di decesso, infarto del miocardio, o ictus in una popolazione diversificata di pazienti affetti da diabete.
- pioglitazone è associato al rischio di insufficienze cardiache severe, senza tuttavia indurre un aumento associato di mortalità.


Il testo completo della metanalisi è disponibile online su: www.jama.com
Informazioni relative a Pioglitazone (ACTOS)


Pioglitazone ha ottenuto la prima approvazione negli Stati Uniti nel Luglio 1999. In Europa pioglitazone è stato approvato da parte dell’EMEA (European Medicine Agency) per il trattamento del diabete di tipo 2 nel mese di Ottobre 2000 e le indicazioni terapeutiche sono state recentemente estese nel mese di Gennaio 2007. Dall’anno dell’immissione sul mercato, sono state scritte quasi 70 milioni di prescrizioni di pioglitazone per più di 8 milioni di pazienti e 4.5 milioni di pazienti/anno nel mondo.

Pioglitazone è un tiazolidinedione, classificato tra i farmaci orali che riducono la glicemia.

In Europa, pioglitazone è indicato nel trattamento del diabete mellito di tipo 2:
- in monoterapia

nei pazienti (in particolare quelli in sovrappeso) non adeguatamente controllati con la dieta e l’esercizio per i quali la metformina risulta inappropriata a causa di controindicazioni o intolleranza

- in duplice terapia orale in combinazione con

metformina nei pazienti (in particolare quelli in sovrappeso) con insufficiente controllo glicemico nonostante il massimo dosaggio tollerato di monoterapia con metformina

una sulfonilurea, solo nei pazienti che hanno dimostrato intolleranza alla metformina o per i quali la metformina è controindicata, con insufficiente controllo glicemico nonostante il massimo dosaggio tollerato di monoterapia con una sulfonilurea.
- in triplice terapia orale in combinazione con

metformina e una sulfonilurea, nei pazienti (in particolare quelli in sovrappeso) con insufficiente controllo glicemico nonostante la duplice terapia orale.

Pioglitazone è inoltre indicato in combinazione con l’insulina nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 con insufficiente controllo glicemico da insulina per i quali la metformina risulta inadeguata a causa di controindicazioni o intolleranza.
Pioglitazone è l’unico tiazolidinedione (TZD) che riporta sul foglietto illustrativo i dati di sicurezza sui risultati di uno studio di outcome cardiovascolare (Studio PROactive).
Pioglitazone è disponibile in confezioni da 28 compresse da 15 o 30 mg.
Pioglitazone sembra agire mediante l’attivazione di specifici recettori nel nucleo (recettore gamma attivato di proliferazione dei perossisomi) che porta ad un aumento della sensibilità insulinica del fegato, dei grassi e delle cellule muscolo scheletriche degli animali. Il trattamento con pioglitazone ha dimostrato di ridurre la produzione di glucosio epatico e di aumentare la disponibilità di glucosio periferico in caso di insulinoresistenza.
Lo Studio Proactive (PROspective pioglitAzone Clinical Trial In macroVascular Events) è un trial di outcome prospettico, randomizzato e controllato con placebo effettuato su pazienti affetti da diabete di tipo 2 ad alto rischio di complicanze cardiovascolari. I risultati di questo studio confermano che pioglitazone è associato ad una significativa riduzione del rischio di decesso, infarto del miocardio, o ictus in una popolazione diversificata di pazienti affetti da diabete.

ACTOS® (pioglitazone HCl) è un marchio registrato di Takeda Pharmaceutical Company Limited.


Takeda Italia Farmaceutici S.p.A. (www.takeda.it) sviluppa i farmaci Takeda in Italia e li produce per l’ Europa ed alcuni Paesi extraeuropei.

ACTOS® (pioglitazone HCl) è un marchio registrato di Takeda Pharmaceutical Company Limited.

Per ulteriori informazioni:
KETCHUM P.R.





Fonte: Ufficio Stampa Takeda