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Oncologia (News - 2003-08-04 17:48:31)

Neoplasia al seno

Troppi vasi sanguigni possono essere la spia del rischio ricadute.
Negli ultimi vent'anni la mammografia ha reso piu' curabile il cancro al seno perché favorisce la diagnosi precoce. tuttavia, le metastasi, anche dopo l'asportazione completa del tumore, si presentano nel 50 per cento dei casi. Fino a ieri gli oncologi non capivano perché soltanto alcune donne operate di cancro al seno andassero incontro a metastasi anche dopo diverso tempo dall'intervento. La risposta viene ora da un allievo italiano di Folkman, il professor Giampiero Gasparini, della Divisione di Oncologia Medica del S. Filippo Neri di Roma.
Insieme con alcuni colleghi, il professor Gasparini ha svolto una ricerca intitolata "L'angiogenesi sostiene la quiescenza tumorale in pazienti con il cancro al seno", pubblicata dalla rivista "Breast Cancer Research and treatment" (gennaio 2001).
Lo studio ha analizzato le biopsie di 190 donne operate per cancro invasivo alla mammella, che erano state poi sottoposte a una chemioterapia 'adiuvante'. Tra loro, 80 hanno presentato metastasi nell'arco di 5 anni dall'intervento. Questo studio ha avuto lo scopo di verificare sull'uomo i risultati della ricerca di Folkman secondo cui l'angiogenesi é il meccanismo che spiega la possibilitá che un tumore possa rimanere silente per lungo tempo prima de dare metastasi.
Che cosa si é notato? Che la comparsa delle metastasi é collegata all'indice di vascolarizzazione dei tumori operati, ovvero alla presenza di un numero elevato di vasi neoformati. Lo stesso indice determina, poi, a seconda dell'entitá di vascolarizzazione, due picchi di rischio. Cosi' spiega il professor Gasparini: "La massima incidenza di metastasi avviene al ventesimo mese dall'intervento. In seguito il rischio diminuisce per risalire peró al sessantesimo mese". "Si é visto, inoltre, -aggiunge Gasparini - che la donna con recidive precoci ha periodi di sopravvivenza piu' brevi rispetto a chi le ha tardivamente".
Grazie all'indice di vascolarizzazione é possibile, quindi, individuare le donne che sono piu' a rischio di metastasi. Perció, é necessario rivedere la terapia dopo l'intervento chirurgico. Soprattutto nel caso in cui la biopsia abbia rivelato un tumore a elevata angiogenesi. Sottolinea Gasparini: "Una terapia adiuvante per essere veramente efficace, deve essere praticata dopo l'intervento per una periodo piu' lungo del trattamento convenzionale (6 mesi per la chemioterapia e 5 anni per la ormonoterapia)". Ma questo non basta per scongiurare il rischio di metastasi. Puntualizza ancora l'oncologo: "Per una difesa piu' ampia e approfondita delle pazienti, a lungo termine, bisogna utilizzare non solo chemioterapici 'convenzionali', ma contemporaneamente anche la bioterapia con l'utilizzo di inibitori selettivi dell'angiogenesi, attualmente in sperimentazione.


Fonte: La redazione