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Cardiologia (Articoli - 2003-07-23 10:01:59)

Sono elettriche le nuove cure per il cuore

In Italia e all'estero si stanno sperimentando con successo rimedi alternativi al trapianto, che potrebbero migliorare la vita dei cardiopatici. Ecco di che cosa si tratta.

E' stato battezzato "cuore elettrico" ed é uno degli strumenti piu' all'avanguardia che la ricerca abbia applicato nella cura delle malattie del cuore. Si tratta di un piccolo congegno alimentato elettricamente, che viene inserito nel cuore e aiuta il muscolo cardiaco a pompare il sangue ossigenato ai tessuti.
Grazie a questo "cuore elettrico", oggi, un uomo di 60 anni con una seria malattia cardiaca puó continuare a vivere senza ricorrere al trapianto. Questo intervento é stato eseguito all'Ospedale Radeliffe di Oxford (Gran Bretagna) e i suoi risultati sono stati salutati con grande entusiasmo dalla comunitá scientifica e dall'opinione pubblica.
Ma le novitá non finiscono qui. Al Policlinico San Matteo di Pavia é stata sperimentata con successo una nuova tecnica, anch'essa basata sulla corrente elettrica, che consente di stimolare il cuore con una leggera scossa elettrica

Il cuore elettrico
l nome tecnico del cosiddetto "cuore elettrico" é Jarvik 2000; si tratta di una pompa cardiaca delle dimensioni di 2,5 centimetri e del peso di 85 grammi. Deve il suo nome allo specialista che lo ha ideato, il professor Robert Jarvik di New York.
Il cuore elettrico é composto di una pompa, molto potente e silenziosa, che viene installata nella punta del ventricolo sinistro del cuore ed é poi collegata, attraverso un tubo sottile, all’aorta.
La pompa ha la funzione di mettere in circolo il sangue ossigenato nell’organismo, sostituendosi cosí alla funzione del muscolo cardiaco della persona malata di cuore.
Jarvik 2000 é alimentato elettricamente attraverso un sottilissimo filo che parte dalla pompa, corre lungo la colonna vertebrale e sbocca alla base del cranio, dietro l’orecchio della persona operata, dove si collega a una minuscola batteria esterna.
Il tragitto del filo di alimentazione é stato scelto - hanno assicurato i medici del Radeliffe - in quanto attraversa una zona a basso rischio di infezioni; costituisce, comunque, il punto debole del congegno, perché non si puó escludere che lo stesso filo di alimentazione possa eventualmente trasformarsi in un pericoloso veicolo di germi.

LA NOVITA': ADESSO E' DEFINITIVO

In realtá, il "cuore elettrico" non era uno strumento sconosciuto agli esperti di cardiochirurgia. Jarvik era giá stato utilizzato su 7 persone con problemi di cuore (4 negli Stati Uniti e 3 in Gran Bretagna).
In tutti questi casi, peró, si era trattato di un rimedio temporaneo, nel tentativo di migliorare e stabilizzare le condizioni do salute dei malati, in attesa che si rendesse possibile il trapianto.
Per il sessantenne inglese operato a Oxford, invece, il piccolo "cuore elettrico" é una soluzione definitiva che gli consentirá - almeno secondo i positivi segnali di ripresa nei mesi successivi all’intervento - di condurre una vita normale.
Jarvik, inoltre, dovrebbe poter essere usato anche sui bambini con disturbi cardiaci: é quanto affermano gli esperti, che contano sulle dimensioni molto piccole di questo congegno.

I problemi che ha risolto
L’intervento é stato eseguito al Centro cardiologico dell’ospedale Radeliffe di Oxford da Steve Westaby: il cardiochirurgo é stato assistito da un’équipe anglo-americana di cui facevano parte i colleghi del Texas heart institute di Houston e Robert Jarvik, inventore del congegno.
L’uomo sottoposto all’operazione é un infermiere in pensione, vive a Birmingham e ha piú di 60 anni.
Soffre di una cardiopatia dilatativa, una seria malattia che provoca il rilassamento dei tessuti dei cuore.
Prima dell’intervento, non riusciva ad alzarsi da letto e, secondo i medici, non avrebbe avuto piú di qualche settimana di vita. Per le condizioni generali di salute, non sarebbe stato in grado di affrontare un trapianto.

POTRA' ESSERE MIGLIORATO

Uno degli aspetti di maggiore debolezza di questa pompa elettrica sembra essere il sistema di alimentazione, che richiede una batteria esterna.
L’evoluzione tecnologica piú utile sarebbe dunque la possibilitá di utilizzare una batteria di lunga durata, posizionata all’interno del corpo del malato, per esempio in uno spazio ricavato nella sottocute dell’addome.
Questo miglioramento eliminerebbe, infatti, i rischi di infezione, dando la vantaggiosa possibilitá di usare l’apparecchio elettrico in alternativa al trapianto cardiaco.

E' UN'ALTERNATIVA SE IL TRAPIANTO E' IMPOSSIBILE

Il cuore elettrico, per ora, rimane uno strumento da usare quando il trapianto di cuore si rivela impossibile, perché il rischio che la pompa possa provocare embolie e infezioni - per quanto ridotto - non é ancora completamente risolto.
Non é da escludere, tuttavia, che in un futuro prossimo il congegno diventi completamente sicuro e che, grazie alle evoluzioni tecnologiche, diventi una vera alternativa al trapianto.
Attualmente, "Jarvik 2000" é utilizzabile quando il cuore non riesce piu' a pompare il sangue a causa di una disfunzione del ventricolo sinistro, mentre il ventricolo destro conserva una discreta capacitá di lavorare.




I risulati ottenuti
A fine agosto, dopo poco piú di due mesi dall’operazione, l’uomo era giá in grado di camminare, uscire di casa, fare la spesa; insomma svolgere alcune consuete attivitá quotidiane.
I risultati raggiunti nel caso del pensionato inglese sono stati cosí incoraggianti che, nel corso dell’estate, la stessa équipe medica ha deciso di impiantare Jarvik 2000 in un altro malato di cuore.
Secondo il cardiochirurgo che ha guidato l’équipe di Oxford, Steve Westaby, l’impianto del cuore elettrico sará tra non molto tempo un'operazione quasi di routine, cosí come, in passato, é diventata una prassi consolidata l’installazione del pace-maker.

LA TECNICA DELLA SCOSSA

Anche in Italia, una tecnica sperimentata di recente su persone cardiopatiche ha riscosso ottimi risultati, che sono stati presentati all'ultimo congresso della Societá europea di cardiologia.
Si tratta di una sperimentazione condotta al Policlinico San Matteo di Pavia su 26 persone affette da cardiopatia dilatativa con fibrillazione atriale, una malattia che causa il rilassamento dei tessuti del cuore.
In particolare, la fibrillazione degli arti (cioé la cavitá superiore del muscolo cardiaco) causa un serio stato di malessere e pregiudica sia il funzionamento del cuore sia la qalitá di vita delle persone.

LA SPERIMENTAZIONE

A Pavia, l’équipe di ricercatori del Policlinico San Matteo, guidati da Gaetano De Ferrari e Maurizio Landolina, ha sperimentato una tecnica che non ha nulla a che vedere con il "cuore elettrico", ma che potrá essere molto utile per chi ha problemi di cuore.
Si tratta della cardioversione elettrica interna, una tecnica che permette di stimolare il muscolo del cuore attraverso una leggera scossa elettrica, per aiutarlo a tornare al ritmo normale.
Questa tecnica di per sé non é nuova: di solito, le persone con fibrillazione atriale vengono sottoposte alla cardioversione elettrica transtoracica (cioé esterna, dal torace), sotto anestesia generale. Spesso, peró, né la cardioversione transtoracica, né la cura a base di farmaci riescono a riportare un cuore in fibrillazione al suo giusto ritmo. I ricercatori di Pavia hanno, invece, sperimentato la cardioversione elettrica interna, cioé direttamente sul muscolo del cuore.



La sperimentazione
In pratica, nella cardioversione interna si cercano di stimolare direttamente le "camere cardiache", cioé gli atri, che sono responsabili dell’aritmia e della fibrillazione.
Per la stimolazione vengono usati due sottilissimi cateteri, del diametro di 2 millimetri: il primo catetere viene infilato nella vena femorale (all’altezza dell’inguine) e raggiunge l’atrio destro del cuore. Il secondo catetere viene infilato nella vena succlavia (sotto la clavicola) e arriva al seno coronario, uno spazio che si trova tra l’atrio destro e l’atrio sinistro. All’estremitá di questi due sottili cateteri é applicata una spirale metallica, attraverso cui viene data la scossa di energia elettrica che riporta il cuore al suo ritmo naturale.
Nelle 4 settimane precedenti l’intervento, ai 26 malati é stato somministrato un farmaco specifico che aiuta a mantenere stabile il battito cardiaco.
E' un trattamento che richiede solo l’anestesia locale. Ed é sufficiente una quantitá di energia elettrica molto bassa pari 2 a 10 joule, contro i 300 joule necessari quando la scossa viene applicata esternamente attraverso il torace.

QUANDO SI POTRA' UTILIZZARE

Secondo gli stessi specialisti che hanno condotto la sperimentazione al Policlinico San Matteo di Pavia, questo trattamento non é un rimedio risolutivo, nel senso Content-Disposition: form-data; name="tit_par_4"

La sperimentazione
In pratica, nella cardioversione interna si cercano di stimolare direttamente le "camere cardiache", cioé gli atri, che sono responsabili dell’aritmia e della fibrillazione.
Per la stimolazione vengono usati due sottilissimi cateteri, del diametro di 2 millimetri: il primo catetere viene infilato nella vena femorale (all’altezza dell’inguine) e raggiunge l’atrio destro del cuore. Il secondo catetere viene infilato nella vena succlavia (sotto la clavicola) e arriva al seno coronario, uno spazio che si trova tra l’atrio destro e l’atrio sinistro. All’estremitá di questi due sottili cateteri é applicata una spirale metallica, attraverso cui viene data la scossa di energia elettrica che riporta il cuore al suo ritmo naturale.
Nelle 4 settimane precedenti l’intervento, ai 26 malati é stato somministrato un farmaco specifico che aiuta a mantenere stabile il battito cardiaco.
E' un trattamento che richiede solo l’anestesia locale. Ed é sufficiente una quantitá di energia elettrica molto bassa pari 2 a 10 joule, contro i 300 joule necessari quando la scossa viene applicata esternamente attraverso il torace.

QUANDO SI POTRA' UTILIZZARE

Secondo gli stessi specialisti che hanno condotto la sperimentazione al Policlinico San Matteo di Pavia, questo trattamento non é un rimedio risolutivo, nel senso che non puó essere utilizzato in alternativa al trapianto di cuore, quando questo si é reso necessario.
Questa tecnica si é peró dimostrata in grado di migliorare sensibilmente le condizioni di salute delle persone con fibrillazione striale.
Per questo, la sperimentazione dei ricercatori di Pavia continuerá, nei prossimi mesi, su due nuovi gruppi di persone.

L'ESITO E' STATO POSITIVO

> Tutte le 26 persone che hanno fatto da "cavie" alla sperimentazione di Pavia avevano giá fallito la cardioversione elettrica transtoracica; erano state dunque lasciate in attesa di trapianto, ma le loro condizioni di salute peggioravano sensibilmente.
> Dopo la cardioversione interna, invece, tutti i malati sono tornati ad avere un ritmo cardiaco normale. Non si é verificata nessuna complicanza e, a distanza di 6 mesi dal trattamento, l’80 per cento di loro ha mostrato un sensibile miglioramento della funzione del cuore e, quindi, anche della qualitá di vita.
> Due malati - dopo il trattamento del Policlinico - sono stati addirittura tolti dalla lista delle persone che necessitano di trapianto di cuore.


Nella foto: Il "cuore elettrico" é composto da una pompa, situata nella punta del ventricolo sinistro, collegata da un tubicino all'aorta e da un sottile filo a una piccola batteria posta dietro l'orecchio.
In pratica, nella cardioversione interna si cercano di stimolare direttamente le "camere cardiache", cioé gli atri, che sono responsabili dell’aritmia e della fibrillazione.
Per la stimolazione vengono usati due sottilissimi cateteri, del diametro di 2 millimetri: il primo catetere viene infilato nella vena femorale (all’altezza dell’inguine) e raggiunge l’atrio destro del cuore. Il secondo catetere viene infilato nella vena succlavia (sotto la clavicola) e arriva al seno coronario, uno spazio che si trova tra l’atrio destro e l’atrio sinistro. All’estremitá di questi due sottili cateteri é applicata una spirale metallica, attraverso cui viene data la scossa di energia elettrica che riporta il cuore al suo ritmo naturale.
Nelle 4 settimane precedenti l’intervento, ai 26 malati é stato somministrato un farmaco specifico che aiuta a mantenere stabile il battito cardiaco.
E' un trattamento che richiede solo l’anestesia locale. Ed é sufficiente una quantitá di energia elettrica molto bassa pari 2 a 10 joule, contro i 300 joule necessari quando la scossa viene applicata esternamente attraverso il torace.

QUANDO SI POTRA' UTILIZZARE

Secondo gli stessi specialisti che hanno condotto la sperimentazione al Policlinico San Matteo di Pavia, questo trattamento non é un rimedio risolutivo, nel senso che non puó essere utilizzato in alternativa al trapianto di cuore, quando questo si é reso necessario.
Questa tecnica si é peró dimostrata in grado di migliorare sensibilmente le condizioni di salute delle persone con fibrillazione striale.
Per questo, la sperimentazione dei ricercatori di Pavia continuerá, nei prossimi mesi, su due nuovi gruppi di persone.

L'ESITO E' STATO POSITIVO

Tutte le 26 persone che hanno fatto da "cavie" alla sperimentazione di Pavia avevano giá fallito la cardioversione elettrica transtoracica; erano state dunque lasciate in attesa di trapianto, ma le loro condizioni di salute peggioravano sensibilmente.
Dopo la cardioversione interna, invece, tutti i malati sono tornati ad avere un ritmo cardiaco normale. Non si é verificata nessuna complicanza e, a distanza di 6 mesi dal trattamento, l’80 per cento di loro ha mostrato un sensibile miglioramento della funzione del cuore e, quindi, anche della qualitá di vita.
Due malati - dopo il trattamento del Policlinico - sono stati addirittura tolti dalla lista delle persone che necessitano di trapianto di cuore.


Nella foto: Il "cuore elettrico" é composto da una pompa, situata nella punta del ventricolo sinistro, collegata da un tubicino all'aorta e da un sottile filo a una piccola batteria posta dietro l'orecchio.



Fonte: Lancet